La psicoterapia istituzionale nella Psico-Oncologia

Domenico Nesci
Domenico Arturo Nesci, medico psichiatra e criminologo, psicoanalista dell’IPA e della Società Canadese di Psicoanalisi, è Presidente dell’International Institute for Psychoanalytic Research and...
psico-oncologia

La diagnosi di cancro non solo cambia la vita del paziente, ma ha anche un impatto sulle persone a lui vicine. La malattia può sconvolgere la propria esistenza e compromette spesso aspetti fisici, psichici, professionali, sociali e familiari. Ed è proprio su questa percezione che agisce la Psico-Oncologia. In stretta collaborazione con medici e personale paramedico, fornisce sostegno a pazienti e familiari per aiutarli a gestire al meglio la nuova situazione di vita.

La Psico-Oncologia è infatti un settore della psicologia clinica nato per occuparsi in modo specifico del supporto psicologico alle persone che hanno o hanno avuto una malattia neoplastica. Lavora quindi prevalentemente sul riconoscimento e sul trattamento della sofferenza psicologica legata alla malattia oncologica. Si occupa non solo del paziente, ma anche di coloro che si prendono cura di lui, come familiari e operatori sanitari.

Ma qual è la tecnica clinica più efficace in questo campo di intervento? Questo articolo del professor Domenico Arturo Nesci illustra lo sviluppo di questa disciplina e i vantaggi della psicoterapia online anche nella delicata area clinica della Psico-Oncologia.

Storia della Psico-Oncologia al Policlinico Gemelli

Già da studente di Medicina all’Università Cattolica mi sono reso conto che era impossibile seguire adeguatamente i malati di cancro e i loro familiari, da solo. Dal 1992 ho quindi dato vita, da psicoanalista, insieme al Dr Tommaso Poliseno, gruppo analista, con la direzione del prof. Achille Cittadini, patologo, ai Corsi di Perfezionamento e Formazione in Psico-Oncologia dell’Università Cattolica.

Lo scopo era quello di formare un gruppo interdisciplinare di psico-oncologi. Questo avrebbe dovuto assistere in modo psicologicamente adeguato i malati di cancro seguiti dall’ospedale e i loro familiari, indipendentemente dal proprio ruolo e identità professionale. “Sia a livello biologico che psicologico il cancro è una vicenda collettiva. In questo il processo neoplastico segue lo stesso paradigma della vita prenatale: il paradigma gruppale (Nesci e Coll., 1992).

Psico-Oncologia e rischio di burnout

A quei tempi ero già pienamente consapevole del fatto che “sotto livelli significativi di stress tutti noi possiamo facilmente diventare paranoidi”. Perciò ero già allertato sul fatto che il lavoro in Psico-Oncologia comportava un alto rischio di burnout per gli operatori sanitari e richiedeva una formazione specifica (Nesci e Coll., 2002). Questi corsi nascevano nello spirito dei gruppi Balint, cioè come percorsi esperienziali, aperti fin dall’inizio a innovazioni e sperimentazioni tecniche. Una di queste è stata l’introduzione di “pazienti/docenti” che portavano al gruppo degli allievi e dei docenti la prospettiva originale di chi aveva vissuto dall’interno l’esperienza del cancro e poteva raccontarla in un modo non convenzionale.

A questa innovazione se ne sono aggiunte periodicamente delle altre:

  • il workshop associativo, in cui il materiale di una ricerca originale veniva utilizzato come stimolo per aiutare gli operatori sanitari ad associare creativamente invece che discutere sterilmente;
  • lezioni di Psicoanalisi e Arte nella Scuola Internazionale di Psicoterapia nel Setting Istituzionale (SIPSI), concepite per prevenire il burnout degli specializzandi;
  • workshops in cui oggetti artistici diventavano lo stimolo per il “Guided Social Dreaming”;
  • psicoterapia multimediale, nata originariamente per l’elaborazione dei lutti oncologici attraverso la produzione di un “oggetto della memoria” in un percorso psicoterapeutico breve.

Lutto oncologico e psicoterapia multimediale

Nel lutto oncologico mi sono trovato molte volte di fronte a uno scenario in cui qualcuno si ammala di cancro, per anni lotta con la malattia, assistito in particolare da un membro della famiglia, che diventa il “caregiver” e che si occupa con particolare cura di seguire e accompagnare il paziente nel suo percorso. Può succedere che il caregiver rinunci al proprio lavoro o lo perda definitivamente per assistere il proprio familiare. Se il malato di cancro muore, il caregiver vive un doppio lutto: quello della perdita dell’oggetto d’amore e quello della perdita del proprio ruolo/identità sociale. Ci si può trovare di fronte a situazioni di “lutto sinciziale” (Nesci, 2012). È un vissuto regressivo in cui una particolare perdita viene a rappresentare la “fine del mondo” e non la scomparsa di un singolo individuo.

In questo caso una psicoterapia del lutto non può limitarsi alla mente individuale della persona ma deve prendersi cura anche della sua mente gruppo-individuale e dunque utilizzare immagini e musica oltre che far ricorso alle parole.

Integrare “talking cure” con la psicoterapia multimediale

La “talking cure” deve essere integrata con linguaggi che “parlano” e “ascoltano” in un canale comunicativo più antico rispetto alla “tecnologizzazione” della parola attraverso la scrittura (Ong, 1982).

La psicoterapia multimediale, invece, recupera le foto o i filmati dell’oggetto d’amore perduto, ricostruendone con questi il percorso di vita. Lo associa con una musica che un artista multimediale (che non conosce il paziente e non ha alcun contatto con lei o lui) produce e affida al terapeuta per la “screening session” col paziente. La terapia perciò risulta efficace nell’elaborazione del lutto perché comunica ad un livello più arcaico: quello della mente inconscia gruppo-individuale. L’oggetto della memoria prodotto dall’artista, così come tutto il processo psicoterapeutico che intorno a esso si costruisce, da nuovi significati a una vita umana, coinvolgendo per la sua produzione spesso tutto il gruppo familiare e sempre tutto l’universo culturale del paziente e di chi non c’è più. Ricostruisce un “mondo”.

Psico-Oncologia. Supervisione di casi clinici e role playing

psico-oncologia

La psicoterapia online nel setting istituzionale

Ogni giorno mi trovavo a confrontarmi con le angosce di pazienti di ogni parte d’Italia (in particolare del Sud, dove l’assistenza psico-oncologica è difficilmente reperibile) che rischiavano di essere realmente abbandonati al termine della prima fase (ospedaliera) del loro iter diagnostico-terapeutico-riabilitativo.

Abbiamo quindi deciso di seguire pazienti oncologici e i loro familiari in un setting istituzionale classico (il servizio di Psico-Oncologia di un policlinico universitario) non solo con sedute di psicoterapia individuale settimanali ad orientamento psicodinamico vis-à-vis, ma anche online.
Col passare del tempo ci siamo trovati a constatare l’efficacia di questi trattamenti e quindi a fare ricorso con “fiducia” alla psicoterapia online, nelle forme più diverse, per riuscire a evitare l’interruzione prematura di alcuni percorsi di cura non solo per l’impossibilità fisica del paziente ad accedere all’ospedale per le sue condizioni di salute, ma anche per altre situazioni più complesse personali, familiari, istituzionali.

Quando ci siamo trovati di fronte a situazioni cliniche in cui la psicoterapia non era praticabile in ospedale vis-à-vis, piuttosto che rinunciare abbiamo cominciato a seguire l’opzione di “fidarci” e praticarla a distanza con l’uso di strumenti tecnologici, introducendoli nel setting della psicoterapia. Riteniamo che questa sia stata e sia tuttora una scelta molto valida e condivisibile, sul piano deontologico e professionale, soprattutto alla luce del feedback positivo che abbiamo ricevuto dai nostri pazienti (Petrachi, Nesci, 2018; Ritrosi, Nesci, 2018; Veccia, Nesci, 2018).

Psico-Oncologia con terapia online: riscontro del paziente

All’età di vent’anni mi è stata diagnosticata la leucemia linfoblastica acuta. È stato un colpo durissimo seguito da un forte spavento. Dopo un anno di chemioterapia e radioterapia sono giunta al trapianto di midollo. Sono stata due mesi in ospedale in una camera sterile, separata da tutti dato che nessuno poteva entrare. I miei genitori mi sono stati molto vicini. Mi hanno aiutata a sopportare quei momenti difficili. Ma avevo bisogno di parlare con una persona esterna e fortunatamente l’ospedale, come prassi, mi ha messo a disposizione una psicologa.

Una volta uscita mi resi conto di avere bisogno di un sostegno psicologico, ma non ero in condizioni fisiche per potermi recare in modo autonomo ai vari appuntamenti con la psicologa che avrei dovuto tenere una volta a settimana, quindi mi è stato proposto, dopo un primo colloquio [la visita psichiatrica], una terapia psicologica online [con la stessa psicoterapeuta che la paziente aveva conosciuto nel Reparto durante la degenza].

Io accettai con entusiasmo questa proposta e mi trovai subito bene per diversi motivi:

  • mi sono trovata a mio agio a stare a casa e, quindi, in un posto per me intimo e personale;
  • sono riuscita a parlare con più facilità delle mie ansie e dei miei problemi essendo io abbastanza timida e a tratti insicura;
  • il fatto di non dovermi recare nel luogo dell’appuntamento è stato per me uno stimolo a cominciare la psicoterapia, dato che in quel periodo non avevo tempo a causa delle continue visite in ospedale;
  • non mi è mai sembrato di parlare ad uno strumento, anche perché attraverso la webcam vedevo esattamente il volto della mia psicologa. Non ero a conoscenza di questo metodo. È da più di un anno che ho iniziato e non ho mai avuto intenzione o interesse a cambiarlo”.

Riflessioni a partire dalle parole del paziente

È la lettera di una paziente seguita in psicoterapia online nel nostro servizio di Psico-Oncologia. Documenta i problemi con cui ci siamo trovati a confrontarci nel nostro lavoro istituzionale. E mi hanno spinto a non rifiutare a questi pazienti il supporto psicologico.

Da qui emerge un tema importante: quello della familiarità, del sentirsi a proprio agio, dello stare a casa propria. Il cancro è essenzialmente una malattia che produce un effetto unheimlich (Freud 1919) di “spaesamento”. Infatti sono le nostre stesse cellule “impazzite” (Fornari, 1985) a mutare malignamente e divenire un “Doppio” persecutorio che minaccia di invaderci e ucciderci. È un’entità capace di attivare angosce molto arcaiche di “tradimento interno” in un’area al confine tra “psicosi subliminale” e “stati borderline transitori”. La casa come luogo fisico reale diventa allora rassicurante: è un corpo (metaforico) normale che non muta. Per questo la paziente sta meglio a casa sua per fare la psicoterapia, cioè per incontrare un altro (il terapeuta) che è fantasticato come un proprio “Doppio” benigno.

Il gruppo psicologico con persone affette da patologie croniche

gruppo psicologico

Psicoterapia online: vantaggi e riflessioni

Le psicoterapie online mostrano diversi vantaggi, soprattutto nella Psico-Oncologia. Innanzitutto funzionano nei pazienti con difficoltà nell’accettazione della propria immagine corporea o che provano vergogna per il proprio corpo (Stofle, 2001; Gamba e Coll., 2018). Questo è stato molto rassicurante, per noi, nell’avviare psicoterapie online con i nostri pazienti oncologici. Infatti siamo sicuri che la copresenza fisica sia sempre utile?

La nostra esperienza clinica dice infatti che tutti (pazienti, familiari, conoscenti e psicoterapeuti) siamo inconsciamente molto turbati dalla presenza fisica di un malato di cancro. Tendiamo ad attivare meccanismi di difesa inconsci massivi (la negazione e il disconoscimento, che implica una scissione dell’Io) e a non funzionare adeguatamente a livello mentale. Lo stesso ragionamento vale per il paziente, che “sente” il disagio che induce intorno a sé e quindi tende a ritrarsi.

Terapista e paziente sono invece liberi di esplorare infinite diverse possibilità date dal nuovo medium. Di volta in volta, in base al procedere della seduta, possono fare vedere (o no) dove stanno, consentendo all’altro di esplorare con lo sguardo lo spazio in cui si trovano.

Tutto ha comunque dei significati, proprio perché questi dettagli sono predisposti da ognuno liberamente, e quindi assumono una notevole rilevanza. Il vedere ed il non far vedere non si limitano alle stanze della terapia. I nuovi media (telefono e videoconferenza) possono infatti anche consentire sia al paziente che al terapista di vedersi e di non farsi vedere. Così in un altro nostro caso (Strangio, Nesci, 2018) assistiamo al passaggio dal vis-à-vis alla videoconferenza alla telefonata solo audio online (gratuita). Poi abbiamo accesso al mondo interno della paziente proprio grazie a queste variazioni di setting rese possibili dai nuovi media. Per tutti è più facile, in certe circostanze, parlare di certe cose, a una certa distanza.

Il setting nella psicoterapia online

Nella psicoterapia online il setting è infinitamente complesso, oltre che perpetuamente transizionale. Persino lo spazio dove si realizza la presenza virtuale non è uno “spazio terzo” classico. La seduta online si svolge, contemporaneamente, in più posti reali e in più “topoi” (spazi metaforici mentali). Nella stanza del paziente, in quella del terapista, sugli schermi di entrambi che possono ospitare altri schermi (su Skype ognuno può vedere il suo schermo oltre a quello dell’altro, simultaneamente). Ci troviamo di fronte a una interessante complessità.

La “transizionalità” dell’esperienza significa che può precedere o seguire o alternarsi in modi infiniti ad altri setting, in base alle situazioni contingenti (o agli stati d’animo) dei partecipanti. Così per un paziente sarà prezioso e preliminare un avvio online, per un altro vis-à-vis, per un altro ancora per telefono. Questi media, e i setting complessi e molteplici che dalla loro combinazione possono derivarne, disegnano infiniti percorsi labirintici in cui un unico “oggetto” centrale può essere osservato e “vissuto” da molteplici prospettive. Le psicoterapie sono “multiforms” di una stessa “storia orale” (Bynum, 1978). Si cerca di “addomesticare” le passioni della mente e della storia (Ferro, 1989; Nesci, 1991).

Tuttavia un punto critico della psicoterapia online è quello del fallimento di comunicazione per motivi tecnici. Lo psicoterapeuta che decide di proporre una psicoterapia online deve essere attrezzato per una via alternativa di comunicazione immediatamente fruibile. Gli “incidenti” si possono verificare in momenti significativi della seduta (Russell, 2015). Noi abbiamo sempre un telefono con una linea tradizionale immediatamente disponibili.

 

Articolo liberamente adattato. Fonte: Domenico Arturo Nesci, La Psicoterapia Online nel Setting Istituzionale.

Articoli correlati

Arti Terapie Espressive
Utilizzo della Fotografia in Psicoterapia: ciò che vediamo in un’immagine è solo l’inizio
Quando le parole non bastano o non riescono ad esprimere un’emozione o un vissuto o quando si...
Arti Terapie Espressive
La Fototerapia: Storia e Pratica di una Tecnica di Intervento
La fototerapia è una disciplina nell’ambito della salute mentale che usa la fotografia per...

Partecipa lasciando un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Puoi usare questi tag HTML:

<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>