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La cineterapia contro lo stress dei caregiver

Scrive Luigi Reale, responsabile dell’Area Sanità Istud e membro del direttivo della Società italiana di medicina narrativa:
«Gary Solomon, psicoanalista americano, con il suo libro “The Motion Picture Prescription: Watch This Movie and Call Me in the Morning: 200 Movies to Help You Heal Life’s Problems”, nel 1995 iniziò a prescrivere la visione di alcuni specifici film sulla base dello stato emotivo dei propri pazienti e degli obiettivi che intendeva perseguire con loro, ad esempio in caso di una grave perdita di una persona cara, o di una lunga malattia, Solomon suggerisce la visione di “Fiori d’acciaio” o “Spiagge”».
Era stato Berg Cross, cinque anni prima a coniare il termine cineterapia per indicare una tecnica terapeutica che si serviva della visione di filmati cinematografici con lo scopo di elaborare stati emotivi.
MediCinema Italia Onlus, associazione no-profit fondata nel 2013 sul modello di MediCinema UK, charity attiva dal 1996 per «relief therapy» in reparti pediatrici oncologici la sta proponendo nel nostro Paese dal 2014. Insieme al Centro di Neuropsicologia Cognitiva, Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, e con il sostegno di Fondazione Don C. Gnocchi ha promosso lo studio «Il cinema come tecnica riabilitativa: intervento sui caregiver e i pazienti con deterioramento cognitivo» all’interno del progetto «Ciack, curarsi insieme attraverso il cinema kreativo».

Studiare come la cineterapia può aiutare lo stress dei caregiver

Obiettivo della ricerca, verificare gli effetti della cineterapia nella gestione del cosiddetto burden. Solitamente i caregiver sono familiari di pazienti con un’età media di 59,2 anni, il 70 %, sono donne, solitamente le figlie (64,2% per le pazienti donne). Recentemente si è visto un aumento tra i caregiver nei partner dei pazienti (il 37%) specialmente quando il malato è un uomo.
Si stima che in Italia ci siano circa 3 milioni di caregiver coinvolti direttamente o indirettamente nell’assistenza. «L’assistenza di un familiare con disabilità richiede energie e tempo, e crea spesso isolamento sociale e stress e può diventare burden, una vera e propria condizione patologica – spiega la professoressa Gabriella Bottini, del Cognitive and Forensic Neuropsychology Lab (Department of Brain and Behavioural Sciences , DBBS) dell’Università degli Studi di Pavia e responsabile del Centro di Neuropsicologia Cognitiva Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano -. Per caregiver burden si intende il carico (burden) sulla persona che assiste in risposta ai cambiamenti di tipo cognitivo e comportamentale del proprio familiare malato. Può colpire la sfera della socialità, quella economica, quella della fatica fisica e/o quella emotivo-psicologica, fino ad arrivare a esperire una condizione di “lutto anticipato” causato dalla perdita della relazione con il paziente».

I meccanismi di azione

Quali sono esattamente i meccanismi a livello cerebrale attraverso i quali la visione di un film può produrre un effetto terapeutico su questo tipo di pazienti e sui caregiver?
«Possiamo dividere effetti sulla sfera cognitiva e sulla sfera emotiva: un video convoglia stimoli verbali e sensoriali di vario tipo che il cervello codifica nelle aree specializzate (per esempio emisfero sinistro per la comprensione del linguaggio e corteccia occipitale per gli stimoli visivi), tuttavia la cineterapia utilizza stimoli a contenuto emotivo dei quali si occupano invece dai circuiti neurali responsabili dell’elaborazione delle emozioni. Tipicamente le aree corticali modulano i processi cognitivi, mentre il circuito che modula le emozioni è principalmente rappresentato in aree sottocorticali. Non esiste un’area specifica in cui sia possibile identificare la risposta terapeutica positiva al trattamento, piuttosto il coinvolgimento di più sistemi cerebrali indica una risposta attiva del soggetto al trattamento comportamentale».

La misurazione degli effetti

Come avviene la «misurazione» degli effetti ?
« Nella prima fase degli studi la quantificazione degli effetti ideale è attraverso test neuropsicologici e scale standardizzate. Con questi strumenti è possibile misurare in modo approfondito e specifico le risposte fisiologiche e comportamentali dei soggetti coinvolti nel trattamento», aggiunge l’esperta.

Arruolati 25 caregiver

Quanti pazienti sono coinvolti?
«Lo studio rivolto ai caregiver si sta svolgendo da remoto a causa della pandemia e abbiamo arruolato fino a ora circa 25 caregiver. Contiamo di ampliare il campione sia dei familiari sia dei pazienti soprattutto quando la situazione sanitaria cambierà e si riaprirà la sala MediCinema», dice la professoressa Bottini.
A cadenza regolare i caregiver di pazienti con diverse disabilità ricevevano la proposta di visione di alcuni film, per ridurre il loro burden. Con la collaborazione della Fondazione Cineteca Italiana Milano è stata definita una produzione filmica per l’intervento curativo ispirato alla cineterapia. Sono stati creati 50 cortometraggi di durata equiparabile di circa 10 minuti ciascuno, composto da diverse parti di film, documentari, pubblicità recuperati dall’archivio della Cineteca Italiana.
A priori, i ricercatori hanno selezionato parti di video che potessero far ricadere i cortometraggi in due categorie: cortometraggi positivamente EMOTIVI e cortometraggi NEUTRI.
Per garantire che la suddivisione effettuata fosse statisticamente valida è stato chiesto a 50 soggetti sani, selezionati in maniera casuale da un campione di popolazione, di valutare soggettivamente la valenza emotiva dei filmati.
Ogni partecipante ha visionato dei cortometraggi, somministrati in maniera randomizzata in tre sedute a cadenza settimanale così da evitare cali attentivi durante le proiezioni.

Scale di valutazione e questionari

In ogni sessione, sono stati raccolti dati sullo stato emotivo dei partecipanti attraverso le scale per la depressione e il livello d’ansia.
Per la valutazione dei filmati la metodologia è la stessa di Lang e colleghi per standardizzare stimoli sonori e visivi. Il Self-Assessment Manikin – SAM (Lang, 1980; Bradley & Lang, 1994) è stato utilizzato per acquisire valutazioni affettive.
Tre dimensioni (piacevolezza, arousal e intensità emotiva) venivano rappresentate graficamente da 9 figure SAM per ogni scala. Il partecipante poteva selezionare uno qualsiasi dei 9 punti sulla scala di valutazione barrando la figura che riteneva come più appropriata. I soggetti erano comodamente seduti all’interno della sala di proiezione del MIC (Museo Interattivo del Cinema). L’inizio di ogni prova era segnalato dal titolo del cortometraggio che i partecipanti riportavano sul foglio di risposta. Immediatamente dopo la visione di ogni stimolo video, il partecipante forniva la valutazione su tutte e tre le dimensioni usando il SAM.
È stato utilizzato un periodo di valutazione standard di 60 secondi, che ha consentito un ampio intervallo di tempo per i soggetti. Ogni partecipante valutava inoltre l’intensità delle sei emozioni base che il filmato aveva evocato attraverso una scala analogica, non verbale. 

Ascolto e sostegno ai familiari 

Mai come quest’anno i percorsi di umanizzazione della cura hanno rappresentato una risorsa essenziale per i familiari. È in continuo incremento infatti la necessità da parte dei familiari di ricevere ascolto e sostegno psicologico. Anche per questo, essi stessi diventano diretti utenti del servizio, richiedendo colloqui per essere guidati, e per trovare sollievo allo stato di stress cronico. In questo senso il percorso di cura che persegue Medicinema Italia con la cineterapia deve allargarsi dal paziente al caregiver e deve includere interventi di supporto e sollievo non solo sanitario ma anche sociale.
«Abbiamo dovuto adattare la ricerca con questa dinamicità metodologica imposta dalle circostanze, sviluppando due studi, uno pilota per la definizione delle modalità di intervento e per verificarne la fattibilità, – continua la professoressa Bottini – e uno ancora in corso, su un gruppo di caregiver al fine di contenere il loro burden ovvero il carico di stress e di ansia causato dall’assistenza quotidiana al familiare con disabilità. I risultati preliminari dell’intervento ci sembrano incoraggianti e sicuramente rappresentano l’inizio di un percorso di ricerca sulla creazione di protocolli scientifici che regolino l’utilizzo di strumenti adeguati per processi di cura ispirati a modelli complessi che includano le componenti sociali nella terapia e nell’assistenza».

Le prospettive future 

Quali sono le prospettive future di questi studi?
«La nostra organizzazione, dal suo avvio ha da subito investito. nella costruzione del valore dell’uso filmico a scopo di cura, attraverso programmi mirati di intervento e ricerca. Crediamo nel beneficio dell’arte visiva nelle sue svariate applicazioni, come supporto e soccorso. psicologico sia al paziente ospedalizzato affetto da patologia specifica, sia in modo più esteso, a livello sociale e socio sanitario verso le comunità cittadine di adulti e minori, quale importante strumento di intervento nel welfare di persona».
– risponde Fulvia Salvi presidente di MediCinema Italia Onlus –.
«Il nostro orientamento oggi è quello della validazione scientifica del modello di intervento in ambito riabilitativo e di medicina complementare, .con la creazione ulteriore di un network di competenze e professionalità in grado di asservire ai bisogni sociali e socio sanitari. Oltremodo, la frammentazione dei servizi socio sanitari territoriali, diviene un punto focale di attenzione per. intervenire con azioni mirate e percorsi sempre monitorati e misurati nei benefici prodotti e negli impatti sociali raggiunti. La straordinaria efficacia delle arti visive diventa oggi sempre più un valido strumento. per la costruzione del benessere, il mantenimento ed il miglioramento della qualità della vita. Riteniamo ulteriormente che l’efficacia di questo modello di intervento, già provata dai risultati dei nostri programmi ad oggi, risulta essere un valido ed importante. veicolo per il ripristino della socialità post Covid e nel trattamento delle nuove psicosi, grazie all’utilizzo delle leve emozionali. per la riduzione dell’ansia e dello stress». 

Non solo all’interno degli ospedali 

Avete intenzione di proporli su scala nazionale?
Scrive Luigi Reale, responsabile dell’Area Sanità Istud e membro del direttivo della Società italiana di medicina narrativa: «Certamente Medicinema si traguarda. a livello nazionale con nuove aperture di spazi di cineterapia oltre agli attuali presso la Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS di Roma e l’ASST Grande Ospedale Metropolitano di Mi. La nostra attività viene già svolta da anni anche all’esterno. delle strutture ospedaliere con interventi mirati di corsi nelle scuole e centri educativi di Milano, Brescia e Genova; a breve anche l’avvio nella Regione Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il nostro obiettivo è quello di poter essere attivi a livello nazionale potenziando l’area della ricerca e sperimentazione in collaborazione con Università ed Istituti Clinici, ipotizzando l’allestimento anche di centri di riferimento territoriali per la cura del benessere di comunità». 

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