La Dissociazione come facilitatore del rischio Suicidario: uno studio traslazionale basato sulla realtà virtuale

Il suicidio è tra le cause principali di morte, secondo i dati dell’OMS (2017). Parliamo di circa 800.000 vittime nel mondo.

La ricerca, sin qui, ha evidenziato vari fattori di rischio correlati all’ideazione suicidaria (eventi che provocano stress, psicopatologia, sensazione di non avere speranze). Tuttavia, questi fattori non sono predittori affidabili di comportamento suicidario (Kessler et al.,1999; Franklin et al., 2016). Inoltre, il comportamento suicidario non deriva da una singola causa o un singolo evento, è piuttosto il risultato dell’interazione tra fattori demografici, ambientali e di personalità che acuiscono il rischio suicidario (Hawton & Van Heeringen, 2009; Mann et al.,1999; Orbach, 2003).

Orbach (2003) e Joiner (2005) suggeriscono che i facilitatori del suicidio potrebbero diminuire la reticenza nei confronti dei comportamenti autodistruttivi e dei pensieri sulla morte, il che a sua volta aumenta il rischio di prediligere il suicidio ad altri meccanismi di coping (Shelef et al., 2014). Tra questi facilitatori del rischio suicidario troviamo la dissociazione.

La dissociazione

Con dissociazione intendiamo la presenza di perturbazioni di identità, coscienza, realtà e controllo, che portano spesso a percezioni alterate del sé e dell’ambiente esterno (Ruth Lanius et al., 2012). Tali percezioni possono portare a una sensazione di disconnessione o compromissione della memoria relativa al sé o al mondo esterno (van Heugten-van der Kloet et al., 2018).

Sono molti gli studi che hanno evidenziato una correlazione tra la dissociazione e i comportamenti di autolesionismo (es. Batey et al., 2010; Gratz et al., 2002), e sembra che vi sia una relazione tra il trattamento dei disturbi dissociativi e la riduzione di ideazione suicidaria e tentativi di suicidio (Brandet al., 2009; 2013). In particolare, sono sempre di più le evidenze in favore dell’idea che la dissociazione sia un fattore pertinente quando parliamo di tentato suicidio.

I ricercatori hanno evidenziato che la dissociazione è un predittore importante di tentato suicidio (Levinger et al., 2015; Webermann et al., 2016; Mergler et al., 2017).

I sintomi dissociativi

Nei sintomi dissociativi rientrano varie componenti tra loro correlate che sono suddivise in due categorie principali (Rossi et al., 2019):

Sintomi di compartimentazione 

I sintomi di compartimentazione (es.: amnesia dissociativa, assorbimento e consumo) fanno riferimento alla mancanza di unità dei processi mentali e al mancato controllo volontario della totalità delle decisioni. Nei sintomi di distacco rientrano le sensazioni di distacco o separazione dalle esperienze quotidiane.

Due sintomi comunemente correlati alla compartimentazione sono l’amnesia dissociativa (incapacità di ricordare informazioni personali importanti) e l’assorbimento e consumo (tendenza a essere assorti, assorbiti, perdendo auto-consapevolezza; van Heugten-van derKloet et al., 2018).

Sintomi di distacco

Tra i sintomi di distacco, due dei principali sono la depersonalizzazione e la derealizzazione (van Heugten-van der Kloet et al., 2018):

  • La depersonalizzazione è la sensazione di distacco da sé e dal corpo, rappresentabile come la sensazione di osservare le proprie azioni dall’altro, come se la persona galleggiasse (van Heugten-van der Kloet et al., 2018).
  • La derealizzazione implica la sensazione che il mondo esterno sia irreale o alterato, come se la persona vivesse in un sogno. Questi sintomi possono presentarsi in vari stati (es.: “sogni a occhi aperti”, privazione del sonno, sostanze stupefacenti); tuttavia, i livelli più elevati si raggiungono in correlazione a eventi traumatici quale l’abuso sessuale e fisico nell’infanzia o il trauma in età adulta (Bremner et al., 1993).

Per quanto i sintomi di dissociazione siano stati descritti sulla base dell’osservazione di pazienti con isteria già nel 1889 (Janet, 1889; van der Hart & Horst, 1989), i disturbi dissociativi sono relativamente rari nella popolazione (van Heugten–van der Kloet et al., 2018). Seppure questa affermazione valga, appunto, per i disturbi dissociativi, non possiamo dire lo stesso per i sintomi dissociativi, che sono molto diffusi e caratterizzano le esperienze quotidiane di molte persone, in uno spettro che va dal sogno a occhi aperti sino alle allucinazioni (Calati et al.,2017).

Sono principalmente tre le teorie che hanno cercato di spiegare il legame tra dissociazione e rischio suicidario:

  • Schneidman (1980) ha suggerito che la dissociazione porti a restringimento delle opzioni e visione “a tunnel”, il che fa partire il processo suicidario.
  • Baumeister (1990) ha descritto la dissociazione come decostruzione cognitiva, il che diminuisce l’inibizione rispetto al comportamento suicidario e aumenta la volontà di fuga attraverso il suicidio.
  • Orbach (1994) ha ipotizzato che la dissociazione sia correlata alla mancata sensibilità al dolore e all’indifferenza nei confronti del corpo, il che rende possibile l’atto suicidario.

Dissociazione della Personalità e Traumi complessi, con Onno Van der Hart

Dissociazione della Personalità e Traumi complessi, con Onno Van der Hart

 

La realtà virtuale

Queste teorie hanno in comune l’obiettivo di concettualizzare il rischio suicidario. Tuttavia, sono state testate usando principalmente misure di autovalutazione retrospettive, il che porta alla formazione di bias in ragione di fattori quali il bias della desiderabilità sociale, il ricordo dipendente dall’umore e l’alterazione di dettagli importanti nella memoria (Shelef et al., 2014).

Per affrontare queste perplessità, ricerche recenti suggeriscono di usare una nuova tecnologia come la Realtà Virtuale (RV) per elicitare sintomi dissociativi e creare scenari di suicidio realistici (Petkova & Ehrsson, 2008; Franklin et al., 2019).

Per quanto sia capitato che i sintomi dissociativi venissero effettivamente indotti in laboratorio (Leonard et al., 1999), i ricercatori hanno riportato difficoltà nell’utilizzo di queste procedure. Tra queste, l’impossibilità o le complicazioni nell’evocare episodi di depersonalizzazione e derealizzazione o il raggiungimento di livelli non soddisfacenti di queste sensazioni (Capron et al., 2017).

Tuttavia, le ricerche dimostrano che le illusioni percettive con un Display Montato sulla Testa (HMD, Head Mounted Display) di RV connesso a una camera esterna elicitano i sintomi dissociativi con esperienze extracorporee (Petkova&Ehrsson, 2008). Le considerazioni specifiche circa il lavoro con individui suicidari hanno fatto sì che le ricerche sul suicidio siano più rare delle ricerche che prevedono manipolazioni di laboratorio (Franklin et al., 2019;Caulfield, 2020). Le tecnologie di RV potrebbero costituire un nuovo approccio efficace e traslazionale allo studio delle cause di suicidio (Franklin et al., 2019).

Uno studio recente ha usato un gioco di RV chiamato “Richie’s Plank Experience” per ricreare una situazione di tentato suicidio in cui ai partecipanti si offriva la possibilità di saltare da un’asse (plank in inglese) che usciva dall’ascensore di un edificio molto alto. Tuttavia, non ci sono ricerche che analizzano se la tecnologia con RV possa essere di aiuto nello studio dei facilitatori di suicidio. Vista la capacità sia di indurre la dissociazione sia di creare scenari realistici di suicidio con una piattaforma di RV, avrebbe senso capire se questa tecnologia possa migliorare le misure di autovalutazione per comprendere meglio se la dissociazione sia, appunto, un facilitatore del rischio di suicidio.

Lo studio

Questo studio si avvale di un “HMD Oculus Rift”, esperienze di RV e una camera esterna per creare un compito che induca dissociazione, offrendo un’opzione di suicidio virtuale usando il gioco di RV “Richie’s Plank Experience”.

I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: il gruppo sperimentale (RV che induce dissociazione) e il gruppo di controllo (esperienza di VR neutra). Entrambi i gruppi, poi, hanno svolto l’esperienza Richie’s Plank per determinare se coloro che avevano svolto il compito dissociativo avevano probabilità maggiori di saltare dall’asse e suicidarsi virtualmente.

Abbiamo ipotizzato che

  • 1) I partecipanti con punteggi di dissociazione di baseline più alti sulla Scala delle Esperienze Dissociative II (pre-DES-II) avrebbero riportato maggiore ideazione suicidaria e più comportamenti suicidari sulla Scala di Ideazione Suicidaria (SIS) e che
  • 2) I partecipanti con punteggi di dissociazione acuta più elevati dopo il completamento del compito che induce dissociazione avrebbero avuto una probabilità maggiore di scegliere l’opzione di suicidio virtuale nella Richie’s Plank Experience. Sono state svolte ulteriori analisi per valutare se i sub-fattori di dissociazione (es.: derealizzazione e depersonalizzazione; assorbimento e consumo) fossero predittori significativi del suicidio virtuale.

L’obiettivo primario dello studio è indagare se la dissociazione sia un facilitatore di suicido grazie all’uso di una tecnologia recente (Oculus Rift, 2016) e di una camera esterna (Ovrvision Pro).

I risultati potrebbero fornire informazioni di grande importanza circa gli atti dissociativi e contribuire a valutare se la RV possa essere di aiuto nel sostenere gli individui a rischio (Caulfield, 2020).

Metodo

Partecipanti

I partecipanti (N = 145) erano studenti universitari che sono stati contattati tramite il gruppo di partecipanti del Dipartimento di Psicologia della University of Southern Mississippi. Avevano tutti 18 anni o più e, in cambio della partecipazione allo studio, hanno ricevuto crediti formativi.

Materiali

  • Scala di Ideazione Suicidaria (SIS; Rudd, 1989)

La SIS è una misurazione della presenza, nell’anno precedente, di ideazione suicidaria e tentativi di suicidio. Le voci ricevono un punteggio su una scala Likert che va da 1 (mai) a 5 (sempre). Rudd (1989) indica che i punteggi maggiori o uguali a 15 devono essere considerati indicatori di ideazione suicidaria grave. Il punteggio totale della SIS è stato usato per valutare se punteggi più alti in termini di dissociazione fossero correlati a maggiore ideazione suicidaria, nonché se la dissociazione agisca indirettamente sui sintomi da stress post-traumatico e ideazione suicidaria.

  • Scala delle Esperienze Dissociative-II (DES-II; Carlson & Putnam, 1993)

La DES-II è una misura di autovalutazione della frequenza e dell’intensità delle esperienze dissociative nell’arco della vita e prevede una misurazione che va da 0% a 100%.  Un punteggio minore o uguale a 30 indica livelli bassi di dissociazione, mentre da 30 in su troviamo livelli elevati di dissociazione (Carlson & Putnam, 1993). La DES-II ha valutato se punteggi più alti in termini di dissociazione fossero correlati a maggiore ideazione suicidaria e tentativi di suicidio. I punteggi post-DES-II hanno misurato anche la dissociazione acuta sulla base della somministrazione immediatamente successiva alla porzione di VR dello studio.La struttura a tre fattori della DES-II è stata usata anche per analizzare se vi fossero fattori specifici che influenzano la suicidalità e il suicidio virtuale.

  • Strumentazione di realtà virtuale

L’Oculus Rift (2016) è un display di RV che comprende un set di cuffie , telecomandi e postazioni fisse che svolgono il tracciamento della posizione room-scale.

La Richie’s Plank Experience. I compiti che inducono dissociazione sono stati selezionati secondo una studio di Capron et al. (2017) che ha elicitato la dissociazione con una camera esterna.

Entrambi i compiti (rotazione e direzioni opposte) hanno dimostrato la loro efficacia nell’indurre la dissociazione e sono stati usati, entrambi, in questo studio (Capron et al., 2017). Anche la Richie’s Plank experience era già stata usata per ricreare uno scenario di suicidio da Franklin et al. (2019).

 

Trauma dello Sviluppo e Dissociazione in Bambini e Adolescenti

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Procedura

I partecipanti hanno svolto una serie di compiti online e poi hanno preso parte a un compito che induce dissociazione; una volta portati a termine questi esercizi, hanno usato la realtà virtuale per svolgere la Richie’s Plank Experience. Il compito che induce dissociazione veniva controbilanciato per valutare l’eventuale effetto d’ordine dei due compiti.

Esercizio #1 Rotazione

Questo compito era utile per indurre sensazioni di depersonalizzazione (es.: esperienza extracorporea):

“In questo compito, gira molto lentamente in cerchio. Per non farti inciampare nel cavo delle cuffie, sarò io a dirti quando ruotare nella direzione opposta. Continua a farlo finché non ti dico di fermarti. Per favore gira lentamente, cosicché non avrai le vertigini”.

L’obiettivo del compito era far sì che ogni partecipante si sentisse disconnesso dal corpo, vedendo sé stesso ruotare lentamente in “terza persona” (Capron et al., 2017).

Esercizio #2 Direzioni Opposte

L’obiettivo di questo compito è creare una sensazione di perdita di controllo cognitiva. Ai partecipanti è stato detto:

“In questo compito, ti dirò di girare la testa nelle direzioni seguenti: destra, sinistra, alto, basso. Dirò anche “centro”, il che significa che devi guardare dritto. Muovi la testa lentamente e con un movimento fluido. Conterò a voce alta fino a 4, quindi cerca di far sì che ogni movimento duri 4 secondi”.

Nel momento in cui il partecipante volta la testa, lo sperimentatore gira il tripode con la camera nella direzione opposta, in maniera sincrona. Il compito si ripete per due minuti e l’obiettivo è che il partecipante sente una forte sensazione di derealizzazione.

Richie’s Plank Experience

In questo scenario i partecipanti compaiono sulla strada virtuale di una città, entrano in un ascensore, salgono di circa 30 metri e osservano mentre le porte dell’ascensore si aprono su un’asse montata su un davanzale. I partecipanti possono scegliere se camminare sull’asse e saltare giù o, invece, prendere l’ascensore e tornare al pianoterra. Ai partecipanti, saltando dall’asse, sceglievano di “commettere suicidio” . Qualora scelgano di saltare dall’asse, cadono a terra e, una volta raggiunto il marciapiede, lo schermo diventa bianco e lo scenario termina.

Risultati

Analisi preliminari

Secondo i questionari somministrati, il 40,1% del campione mostrava ideazione suicidaria nell’anno precedente e il 22,1% aveva tentato il suicidio. Le correlazioni indicano una relazione solida tra ideazione suicidaria e dissociazione nell’arco della vita, dissociazione acuta e scelta di suicidarsi virtualmente (o non farlo).

I tentativi passati di suicidio si correlano a dissociazione nell’arco della vita e punteggi elevati di dissociazione acuta. Inoltre, punteggi elevati di dissociazione , depersonalizzazione e derealizzazione ottenuti subito dopo l’esperienza di RV si correlano in maniera significativa con la decisione di suicidarsi virtualmente.

Un t-test con campioni accoppiati ha confermato che la Richie’s Plank Experience non aumentasse la suicidalità, confrontando la SIS di base con la SIS post esperimento. I risultati hanno indicato che i punteggi post SIS non erano significativamente più elevati di quelli di base, anzi: i punteggi pre SIS erano più alti di quelli post SIS

Analisi primarie

Dissociazione come predittore di ideazione suicidaria presente e tentativi passati

La prima analisi di regressione multipla ha preso in esame l’associazione tra l’ideazione suicidaria, le esperienze dissociative nell’arco della vita e le variabili demografiche correlate (genere, orientamento sessuale e religione). Questo modello spiega il 22,3% di varianza dell’ideazione suicidaria. I risultati indicano una relazione importante tra ideazione suicidaria e dissociazione nell’arco della vita. Inoltre, un’ analisi di regressione binaria ha indagato l’associazione tra tentativo/i di suicidio precedente/i ed esperienze dissociative nell’arco della vita. La previsione del modello si è rivelata corretta nell’81,3% dei casi. I risultati indicano che chi ha più esperienze dissociative nell’arco della vita ha una probabilità decisamente maggiore di aver tentato almeno una volta il suicidio

Punteggi di dissociazione acuta Post DES-II come predittori di suicidio virtuale

Un’analisi  ha valutato se i punteggi post DES-II rilevati subito dopo il compito di VR fossero associati al suicidio virtuale, aggiungendo come covarianti le variabili demografiche correlate. Il modello è stato significativo; tuttavia, i punteggi totali di dissociazione (DES-II) non hanno mostrato una relazione significativa con la scelta dell’opzione del suicidio virtuale. Dunque, sono state esaminate singolarmente le tre sub-scale DES-II indicate da Carlson & Putnam (1993) per determinare il loro effetto sulla scelta dell’opzione del suicidio virtuale.  Le previsioni del modello si sono rivelate giuste nell’84% dei casi. I risultati hanno indicano che chi riporta maggiore depersonalizzazione e derealizzazione ha una probabilità più elevata di scegliere il suicidio virtuale.

Discussione

L’obiettivo di questo studio è valutare se la dissociazione sia un facilitatore del rischio di suicidio. Le ipotesi principali dello studio erano due:

  • 1) Punteggi di base maggiori in termini di dissociazione nella Scala delle Esperienze Dissociative-II riportano maggiore ideazione suicidaria e tentativi di suicidio nella SIS.
  • 2) I partecipanti che riportano punteggi di dissociazione acuta maggiori più probabilità di scegliere l’opzione del suicidio virtuale.

La letteratura ha già evidenziato un’associazione solida tra rischio di suicidio e dissociazione (es.: Calati et al., 2017; Foote et al., 2008; Robasco & Andover, 2019) e questi risultati sembrano essere in linea con l’ipotesi di Orbach (1994): all’aumentare della dissociazione si verifica l’indifferenza al dolore e la disconnessione dal corpo, il che rende più probabile l’azione di suicidio. Sembra possibile che la dissociazione sia un fattore importante nel facilitare il passaggio da ideazione a tentativo di suicidio poiché aumenta la tolleranza al dolore, fa disconnettere dal corpo e rende più facile danneggiarlo.

Ai fini della seconda ipotesi, abbiamo rilevato che i punteggi post DES-II erano correlati alla scelta del suicidio virtuale, ma non mostrano un’associazione significativa con il suicidio virtuale se aggiungiamo altri fattori di correlazione (es.: chinetosi, impulsività). Questi fattori – e in particolare l’impulsività – potrebbero essere correlati alla selezione di comportamenti nell’esperienza di RV, ma non all’aspetto della simulazione relativo al suicidio.

Si noti che i compiti che inducono dissociazione scelti per questo studio inducono solo depersonalizzazione e derealizzazione. L’autovalutazione di dissociazione acuta comprendeva vari aspetti della dissociazione, non solo depersonalizzazione e derealizzazione, il che potrebbe spiegare, in parte, il fatto che queste conclusioni non siano significative.

Punti di forza e debolezze

È importante notare le debolezze di questo studio; in primis, abbiamo usato un campione di studenti universitari che hanno partecipato per ottenere crediti formativi. Inoltre, come notato da Franklin et al. (2019), il suicidio in RV non equivale a suicidio reale o comportamenti suicidari.

Malgrado questi limiti, lo studio evidenzia numerosi punti di forza. Il campione è variegato in termini di razza e orientamento sessuale (ca. 40% non bianco; 20% LGBTQ) e comprende anche un tasso elevato di ideazione suicidaria presente (34%) per essere un campione universitario (Mortieretal., 2018).

L’analisi del rischio di suicidio svolta ha preso in considerazione vari metodi, il che ha consentito di esaminare alcune lacune della letteratura. Inoltre, per la prima volta questo studio ha preso in esame l’effetto indiretto della dissociazione sui sintomi da stress post-traumatico e sul rischio di suicidio.

Spunti per il futuro

Le ricerche in futuro dovrebbero continuare a usare i sistemi di RV aggiornati per aumentare il realismo visivo e tattile e usare altri giochi di RV che usano metodi di suicidio più comuni (es.: armi da fuoco). Inoltre, le ricerche dovrebbero concentrarsi anche sul creare misurazioni più accurate della dissociazione acuta, focalizzandosi su depersonalizzazione e derealizzazione. Infine le ricerche future dovranno continuare a esaminare queste relazioni in modo longitudinale su popolazioni cliniche e variegate, sempre usando la RV.

Conclusione

I risultati dimostrano che la dissociazione dovrebbe essere considerata un fattore rilevante nella valutazione del rischio di suicidio e potrebbe essere un facilitatore della transizione da ideazione suicidaria a tentato suicidio. Questo studio ha ripreso studi precedenti che hanno mostrato che la dissociazione si correla all’ideazione suicidaria presente, a tentativi passati e alla capacità di suicidio. Abbiamo anche dimostrato che alcuni elementi della dissociazione (depersonalizzazione e derealizzazione) potrebbero essere di primaria importanza nella scelta del suicidio virtuale. Infine, abbiamo avuto modo di sottolineare la difficoltà di studiare il rischio di suicidio volendo applicare sistemi innovativi per esaminare tale rischio e i potenziali facilitatori con l’uso della RV.

 

Gli strumenti per lavorare con dissociazione e trauma, con Dolores Mosquera

Gli strumenti per lavorare con dissociazione e trauma, con Dolores Mosquera

 

FONTE: Caulfield, N. M., Karnick, A. T., & Capron, D. W. (2022). Exploring dissociation as a facilitator of suicide risk: A translational investigation using virtual reality. Journal of affective disorders, 297, 517-524.

 

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