La Mindfulness Disposizionale va oltre la Regolazione delle Emozioni

La mindfulness disposizionale (DM) o di tratto è la tendenza a essere consapevoli del momento presente in maniera non giudicante e non reattiva.

Possiamo intenderla come un fattore di resilienza o di rischio per la salute psicologica (Thompson et al., 2011). In quanto fattore di resilienza la mindfulness disposizionale potrebbe prevenire l’insorgenza della psicopatologia. Tuttavia, come fattore di rischio (inteso anche come mancanza di Mindfulness Disposizionale ) potrebbe aumentare la vulnerabilità a patologie e problemi comportamentali (Carpenter et al., 2019).

Pertanto, la Mindfulness Disposizionale rappresenta un passo importante verso la comprensione delle modalità attraverso cui gli interventi basati sulla mindfulness possono contribuire alla salute mentale. Inoltre, va a scindere i benefici reali della meditazione intenzionale dalla Mindfulness Disposizionale (Wheeler et al., 2016).

 

Mindfulness disposizionale e benessere psicologico

È stata, in effetti, provata la correlazione positiva della Mindfulness Disposizionale con la salute psicologica e quella negativa con i sintomi di psicopatologia (Tomlinson et al., 2018), tra i quali:

  • il neuroticismo (Hanley and Garland, 2017)
  • abuso di sostanze (Karyadi et al., 2014)
  • disturbo da stress post-traumatico (Boyd et al., 2018)
  • autostima (Randal et al., 2015), ansia e depressione (Aldao et al., 2010; Hofmann et al., 2010)
  • dolore (Zeidan et al., 2018).

Malgrado le differenze sostanziali tra questi disturbi, è evidente che abbiano in comune un fattore importante, ossia la capacità di regolare le proprie emozioni (Farb et al., 2013; Tang et al., 2015).

 

Regolazione delle emozioni

Quando parliamo di regolazione delle emozioni, intendiamo un processo tramite cui l’individuo si propone di influenzare l’esperienza. Con espressione delle proprie emozioni si intende quando, come e per quanto tempo esse hanno luogo (Gross, 1998). Si ritiene che tale capacità sia il fulcro di varie psicopatologie come:

  • alessitimia
  • attacchi di panico
  • ansia
  • disturbo da abuso di sostanze

In questo senso, mindfulness e regolazione emotiva sono due costrutti psicologici che risultano chiaramente intercorrelati. Il primo va a regolare il secondo (Chiesa et al., 2013; Roemer et al., 2015).

Ad oggi si ritiene che la pratica della mindfulness possa portare a un controllo top-down, in chi la svolge da poco. A un controllo bottom-up, in chi la svolge da molto. Ciò aiuta nella regolazione delle emozioni. Si tende a credere a priori che un atteggiamento mindful sia il presupposto della capacità di gestire efficacemente le emozioni. Inoltre, che la mindfulness potenzi le strategie necessarie a regolare le reazioni emotive con successo (Wielgosz et al., 2019). Eppure, non sono state svolte ricerche a proposito delle basi cerebrali della mindfulness disposizionale indipendentemente dall’effetto sulla regolazione emotiva. Non si è neanche definito quali aree cerebrali siano associate alla Mindfulness Disposizionale e siano minimamente dipendenti dalla regolazione emotiva.

Aree cerebrali coinvolte nelle emozioni

L’elaborazione delle emozioni è sostenuta da una serie di regioni cerebrali che comprendono quelle coinvolte nella reattività emotiva, come la corteccia cingolata dorsale, l’insula e l’amigdala; quelle coinvolte nella regolazione esplicita delle emozioni, come la corteccia prefrontale dorsolaterale e ventrolaterale, l’area motoria supplementare e la corteccia parietale; nonché quelle coinvolte nella regolazione implicita delle emozioni, come la corteccia cingolata ventrale anteriore (Etkin et al., 2015).

È dimostrato che quasi tutte queste regioni sono coinvolte nella pratica della mindfulness. Ad esempio, dalla meta-analisi di Fox et al.  (2014) emerge che la pratica meditativa ha un effetto sulla morfometria cerebrale. L’analisi ha evidenziato differenze tra chi pratica la meditazione e il gruppo di controllo nelle seguenti aree cerebrali: corteccia cingolata anteriore/media sinistra, corteccia cingolata media destra, precuneo anteriore della linea mediana, giro fusiforme sinistro, corteccia orbitofrontale destra, giro temporale inferiore sinistro, cortecce somatomotorie sinistre e materia bianca insulare sinistra.

Inoltre, Taren et al. (2013) hanno dimostrato che sono due le aree subcorticali – amigdala e nuclei caudati – coinvolte nella mindfulness disposizionale. Il volume dell’amigdala destra e dei nuclei caudati è correlato negativamente con i punteggi della Minduflness Attention Awareness Scale (MAAS) (MAAS) (Feldman Barrett et al., 2007).  Ovvero, uno dei questionari più comuni per la misurazione dei tratti di mindfulness (Brown and Ryan, 2003).

Lu et al., 2014 hanno ottenuto un risultato analogo. Hanno evidenziato che il volume di ippocampo/amigdala destri e della corteccia cingolata anteriore (ACC) hanno una correlazione positiva con i punteggi nella scala MAAS.  Invece, il volume della corteccia orbito-frontale sinistra (OFC) e cingolata posteriore hanno una correlazione negativa.

Lo studio longitudinale di Friedel et al., 2015 ha scoperto la correlazione tra l’assottigliamento corticale in corrispondenza dell’insula anteriore e la Mindfulness Disposizionale , sempre misurata con la MAAS.

Sulla base di queste conclusioni possiamo asserire che la Mindfulness Disposizionale è associata

  • alle aree dell’ACC (reponsabili del controllo cognitivo)
  • all’OFC e all’amigdala/ippocampo (responsabili della regolazione delle emozioni)
  • ai nuclei caudati (responsabili dell’effetto negativo)
  • all’insula (responsabile della consapevolezza enterocettiva e dell’esperienza soggettiva)

Le basi neurali della mindfulness disposizionale

In uno studio recente, Shi et al. (2017) hanno indagato le basi cerebrali della mindfulness disposizionale sulla base del volume cerebrale e delle aree corticali e del loro spessore. Ne è emerso che la MAAS correla al volume corticale del precuneo destro.  Inoltre, è emerso che varie dimensioni del Five Facet Mindfulness Questionnaire (FFMQ) (altra misurazione comune della Mindfulness Disposizionale ) correlano a volume, superficie e spessore delle aree fronto-parietali.

In particolare, la dimensione della descrizione ha una correlazione con volume e superficie della corteccia prefrontale dorsolaterale (BA 46) e con la superficie del lobulo parietale inferiore (BA 40) e della corteccia prefrontale superiore (BA 9). Inoltre, la dimensione relativa al non giudizio evidenzia una correlazione con la superficie prefrontale superiore (BA 10), mentre la dimensione di non reattività si correla con lo spessore prefrontale superiore (BA 8).

Tale studio lascia pensare che la mindfulness disposizionale sia associata a varie strutture cerebrali a seconda della misurazione prescelta (MAAS vs FFMQ) e a seconda di quale caratteristica della struttura cerebrale sia presa in esame. Sembra che vi sia un’associazione tra le dimensioni della Mindfulness Disposizionale e varie aree del controllo cognitivo. Tuttavia, servono ulteriori ricerche per poter trarre conclusioni.

Spostando il focus sulla connettività del cervello, Kong et al. (2016) hanno evidenziato che la sincronizzazione tra regioni del cervello è positivamente correlata ai punteggi della MAAS per l’insula destra, il giro paraippocampale destro (PHG) e l’OFC sinistra, ma negativamente correlata al giro frontale inferiore destro.

Facendo ricerche sullo stato di riposo Gartenschläger et al. (2017) hanno dimostrato che l’attività del precuneo bilaterale ha una correlazione positiva. L’attività del giro frontale inferiore destro (BA 47) e del talamo ha una correlazione negativa con i punteggi della MAAS.

Inoltre, Sharp et al. (2018) hanno scoperto che la connettività dell’insula destra aumenta con la meditazione mindfulness. Mettendo insieme questi risultati possiamo supporre una connettività interna e tra strutture associate all’autoconsapevolezza, come il PHG (Chavoix & Insausti, 2017), le aree del precuneo (Felician et al., 2004) e l’insula (Gibson, 2019) nonché tra strutture associate alla riduzione dell’arousal, come il talamo  (Fan et al., 2005).

Lim et al. (2018) hanno evidenziato la correlazione negativa tra i punteggi complessivi del FFMQ con la connettività tra Dorsal Attentional Network (DAN) e Default Mode Network (DMN). Questo lascia supporre che la Mindfulness Disposizionale sia associata all’accoppiamento funzionale delle aree cerebrali responsabili della regolazione di attenzione ed emozioni.

Analogamente Harrison et al. (2019) hanno osservato che una maggiore Mindfulness Disposizionale è correlata a minore connettività tra i nodi del DMN, ma anche a maggiore connettività tra DMN e rete somatosensoriale. Parkinson et al. (2019) hanno rilevato che le dimensioni del FFMQ hanno una correlazione positiva con l’attività dei nodi di questi network relativi a controllo dell’attenzione, percezione enterocettiva, funzionamento esecutivo centrale. La connettività tra network funzionali responsabili dell’elaborazione autoreferenziale e del mind wandering era minore in individui con punteggi maggiori di Mindfulness Disposizionale .

Pertanto, i risultati relativi alle reti cerebrali sembrano confermare la relazione tra mindfulness disposizionale e reti responsabili dell’elaborazione degli stimoli enterocettivi, del controllo esecutivo e della regolazione emotiva.

 

Il presente studio

Alla luce delle ricerche precedenti, sorprende che non vi siano studi sulle caratteristiche strutturali del cervello che tengano conto della mindfulness disposizionale nella regolazione delle emozioni, visto che entrambi i costrutti hanno funzioni diverse ma correlate. Per colmare questa lacuna in questo studio abbiamo usato le misurazioni più comuni della mindfulness di tratto (FFMQ e MAAS) e una misurazione comune della disregolazione emotiva, la DERS, prendendo in esame anche le reti cerebrali strutturali.

Ai fini della descrizione della struttura cerebrale abbiamo scelto un nuovo approccio, la fattorizzazione di matrice non negativa (NNMF) dei volumi di materia grigia. Tale approccio serve a identificare le reti cerebrali strutturali e consente di individuare quelle che covariano coerentemente tra i partecipanti in termini di mindfulness disposizionale.  In questo modo, la NNMF si ottiene scomponendo tutta la materia grigia cerebrale in due matrici. Una matrice indica il peso di ogni voxel per ognuna delle reti (W) e un’altra indica il peso di ogni partecipante su ogni rete (H) (Sotiras et al., 2015).

La matrice H viene poi usata come predittore nell’analisi delle differenze individuali misurate. Tale approccio ha il vantaggio di costruire le reti cerebrali strutturali sul campione di dati, invece di partire a priori da una partizione da mappa. Ciò si è rivelato utile per la classificazione degli individui (Varikuti et al., 2018). In questo senso, gli outcome principali sono i punteggi di FFMQ e MAAS. I predittori sono le reti strutturali cerebrali più età, genere, livello di istruzione e punteggi DERS.

Vista l’assenza di letteratura sulla relazione tra mindfulness e strutture cerebrali in termini di aree deputate alla regolazione emotiva, tale studio è da considerarsi esplorativo. Tuttavia, ci aspettiamo un’associazione nelle aree cerebrali simile a quella evidenziata dalla letteratura esistente, comprese le aree associate al controllo cognitivo e alla gestione delle emozioni, come la corteccia prefrontale, l’insula e l’amigdala.

 

Discussione

Nello studio volevamo accertare la base cerebrale strutturale della mindfulness disposizionale. Lo volevamo fare usando un approccio di fattorizzazione di matrice non negativa in cui, invece di partire da una mappatura strutturale delle aree, abbiamo applicato metodi di covarianza per formare reti strutturali. Abbiamo usato queste reti strutturali per prevedere la Mindfulness Disposizionale , misurata dai due questionari più in uso, FFMQ e MAAS. Abbiamo controllato al contempo età, genere, livello di istruzione e regolazione emotiva secondo le dimensioni della DERS. Pertanto, le nostre considerazioni sono solo in minima parte dipendenti dalle difficoltà di regolazione emotiva.

In primis, la regolazione emotiva e la mindfulness disposizionale evidenziano una correlazione negativa, per cui gli individui in cui il livello di mindfulness è elevato tendono ad avere punteggi più bassi sulla DERS rispetto a chi è meno mindful. Ciò è in linea con le conclusioni della letteratura (Freudenthaler et al., 2017). Indica la possibilità che la Mindfulness Disposizionale potrebbe essere di aiuto nel controllo dell’elaborazione emotiva, per quanto rimanga da spiegare una certa varianza residuale nella mindfulness.

In secondo luogo, varie aree prefrontali, del cervelletto, dell’ippocampo, dell’insula e dell’amigdala sono necessarie a prevedere le dimensioni dell’FFMQ, i punteggi totali di FFMQ, una volta tolte le dimensioni della DERS.

In terzo luogo, riguardo i punteggi MAAS, ippocampo destro e sinistro e corteccia paraippocampale bilaterale sono predittori significativi dell’outcome, insieme a età, consapevolezza emotiva, controllo degli impulsi e non accettazione della risposta emotiva.

 

Dimensioni dell’FFMQ e le aree cerebrali

Per l’FFMQ, la dimensione dell’agire con consapevolezza è predetta dall’ippocampo bilaterale e dal cervelletto bilaterale 6. L’ippocampo è implicato in una serie di funzioni cognitive superiori ed è una delle prime strutture a mostrare segni di degenerazione in presenza di alcune forme di demenza, come il morbo di Alzheimer (Evans et al., 2018; Ihara et al., 2018). In quanto elemento del circuito della memoria che alimenta narrazione e ricordi autoreferenziali, contribuisce in maniera fondamentale alla regolazione emotiva (Hölzel et al., 2011).

L’ippocampo presenta molti recettori dei corticosteroidi, il che indica che è molto reattivo allo stress (Kim et al., 2007; McEwen et al., 2012). Infatti, la diminuzione del volume dell’ippocampo è un fattore di rischio nello sviluppo di disturbi legati allo stress (Gilbertson et al., 2002). Si è osservato più volte che la pratica meditativa aumenta il volume dell’ippocampo (Luders et al., 2013; Joss et al., 2020). Ciò lascia pensare anche che questa struttura sia sensibile al potenziamento delle capacità di mindfulness.

Inoltre, si ritiene che il cervelletto laterale posteriore sia coinvolto in cognizione ed emozione, oltre a svolgere compiti motori (D’Mello et al., 2020). In particolare, nella cognizione incarnata (Guell et al., 2018), che tiene conto di come sentiamo, pensiamo e reagiamo (Wilson, 2002). In effetti, la disfunzione del cervelletto può portare alla sindrome cerebellare cognitivo affettiva, caratterizzata da deficit delle funzioni esecutive, della cognizione spaziale, del linguaggio e, elemento importante, da disinibizione e comportamenti inopportuni in risposta a specifiche situazioni ambientali (Schmahmann and Sherman, 1998; Schmahmann et al., 2007).

La dimensione di non giudizio dell’FFMQ è associata a una serie di aree che comprendono il cervelletto bilaterale 4-5, il precuneo bilaterale, il giro fusiforme anteriore bilaterale, l’amigdala bilaterale, l’OFC mediale destra e sinistra e le cortecce frontali superiori destra e sinistra. Tutte queste aree, a eccezione dell’amigdala bilaterale, del giro fusiforme e del cervelletto, fanno parte del Default Mode Network (DMN), la cui attività è collegata alle situazioni in cui l’attenzione non viene portata agli stimoli esterni (Buckner et al., 2008). Inoltre, è coinvolto nel pensiero introspettivo, nel mind wandering e nella ruminazione (Zhou et al., 2020). Il DMN è associato alla psicopatologia cerebrale, in particolare quando parliamo di autismo, ADHD, depressione (Buckner et al., 2008; Zhou et al., 2020).

Alcune parti di questo network sono sensibili alla pratica meditativa: in particolare la meditazione, sul lungo termine, riduce attivazione e connettività funzionale di questa rete (Fox et al., 2014). Anche l’amigdala è associata alla mindfulness disposizionale, secondo quanto riportato da vari studi (Fox et al., 2014). Sembra  che essa sia coinvolta nel controllo delle risposte emotive, insieme ad altre strutture limbiche (Taren et al., 2013; Creswell and Lindsay, 2014). È interessante che l’aumento di volume dell’amigdala si associ a un rischio maggiore di patologie correlate allo stress (Shin et al., 2006).

La dimensione di non reattività dell’FFMQ è associata al giro fusiforme anteriore bilaterale e all’OFC inferiore bilaterale. È stato indicato che l’OFC è coinvolta nell’elaborazione emotiva e nell’automonitoraggio (Beer et al., 2006) e si ritiene che sottenda alla formazione delle rappresentazioni autoreferenziali degli stimoli (Lin et al., 2018). L’attività del giro fusiforme anteriore è correlata alla non reattività in condizioni di riposo (Parkinson et al., 2019).

Inoltre, se paragoniamo i partecipanti che praticano da molto la mindfulness con i “novizi”, vediamo che nei primi vi sono differenze più consistenti in termini di attività del giro fusiforme nella comparazione di autoreferenzialità positiva e neutra (Lutz et al., 2016). Questa conclusione, insieme all’osservazione dell’attivazione di quest’area nei compiti semantici (sia verbali che non), tra i quali i concetti sociali (Binney et al., 2016), indica che essa svolge un ruolo eminente nell’elaborazione semantica.

La dimensione di osservazione dell’FFMQ è associata al cervelletto bilaterale 9, al giro fusiforme posteriore bilaterale e alla corteccia frontale mediale destra. L’implicazione delle aree visive posteriori, come il giro fusiforme, nella mindfulness disposizionale è stata confermata a più riprese (Fox et al., 2016), principalmente in situazioni in cui ai partecipanti si chiede di rispondere a stimoli visivi (Lutz et al., 2016). La corteccia prefrontale media rientra in quelle aree che regolano le risposte emotive (Ochsner and Gross, 2005).

Potrebbe essere coinvolta nelle attribuzioni di stati emotivi individuali (Barrett et al., 2007). Si ritiene che la componente del cervelletto 9 faccia parte della rete dell’attenzione dorsale (Marek et al., 2018) dedicata all’indirizzamento volontario dell’attenzione (Vossel et al., 2014).

Il punteggio totale di FFMQ è associato a giro paraippocampale bilaterale, giro fusiforme anteriore bilaterale, amigdala bilaterale e insula posteriore destra. L’insula posteriore è coinvolta nella consapevolezza enterocettiva (Allen et al., 2012; Farb et al., 2013). Mostra maggiore connettività con le regioni cerebrali coinvolte in ricompensa e attenzione (Kirk et al., 2016). Inoltre, la connettività tra quest’area e la regione settale risulta essere maggiore nel gruppo esperto di mindfulness rispetto al gruppo di controllo nel corso dell’Ultimate Game (Kirk et al., 2016).

Questo fa pensare che questa struttura sia un elemento chiave nel processo decisionale, facendo sì che si porti l’attenzione alle esperienze interne al corpo. Kober et al., 2019, studiando novizi della mindfulness, hanno dimostrato che è proprio l’attività dell’insula posteriore a diminuire con la meditazione in reazione allo stimolo di calore.

Questa conclusione ci dice che l’attività di quest’area è modulata dalla mindfulness. La corteccia insulare è vista come il centro dei sistemi cerebrali di connessione alla base di processi cognitivi, emotivi, motivazionali e sensoriali (Gogolla, 2017) coinvolti nella consapevolezza corporea e nell’autoconsapevolezza (Uddin et al., 2007; Hopkins et al., 2019). Dato che si è osservato che questa struttura è coinvolta nella regolazione top-down, in termini di elaborazione di stati avversi, emotivi e corporei, si è ipotizzato che sottenda a fenomeni di psicopatologia come disturbi di ansia o depressione (Gehrlach et al., 2019).

Inoltre, è stato osservato che, in un gruppo di individui coinvolti in un programma basata sulla mindfulness, l’attività dell’amigdala diminuisce in risposta a stimoli positivi ed è meno legata alla corteccia prefrontale (Kral et al., 2018).

Il giro paraippocampale è coinvolto nell’elaborazione della rabbia nel contesto della meditazione (Lee et al., 2017), conclusione che potrebbe essere motivata dalla forte connessione con l’amigdala. Pertanto, dal fatto che è responsabile di funzioni di ordine superiore come autocontrollo e regolazione emotiva (Stein et al., 2007). Inoltre, in quanto appartenente alle regioni paralimbiche, tale struttura è stata ricollegata alla psicopatia (Kiehl, 2006).

Punteggi MAAS e aree cerebrali

In maniera analoga, i punteggi di MAAS sono predetti da ippocampo bilaterale, giro paraippocampale e giro fusiforme, con sovrapposizione delle aree responsabili dei punteggi totali dell’FFMQ, insieme all’ippocampo, che è responsabile della dimensione di consapevolezza dell’FFMQ. Quest’ultima osservazione potrebbe essere attribuita alla somiglianza tra il costrutto misurato dalla MAAS e la dimensione di consapevolezza dell’FFMQ. Infatti, entrambi si focalizzano sulla caratteristica principale della mindfulness, ossia attenzione e consapevolezza del momento presente (Rau & Williams, 2016).

Conclusione

Abbiamo dimostrato che la mindfulness disposizionale è associata a una serie di aree cerebrali relative al controllo dell’elaborazione emotiva e all’autoregolazione. I nostri risultati fanno pensare che queste aree potenzino la DM a prescindere dalla regolazione emotiva. Tali strutture rientrano:

  • nel Default Mode Network (OFC mediale, corteccia frontale superiore, insula rostrale e ippocampo)
  • nella rete visiva (precuneo, giro fusiforme)
  • nella rete limbica (OFC inferiore)
  • nella rete frontoparietale (corteccia frontale media)
  • cervelletto e amigdala.

Ne deduciamo che le capacità di mindfulness sono distribuite su tutte le aree principali degli emisferi cerebrali e che è importante la metodologia di misurazione scelta. Se riteniamo che la mindfulness disposizionale sia un costrutto psicologico individuale, misurato dai punteggi totali in MAAS e FFMQ, allora si associa a due aree comuni, giro paraippocampale e giro fusiforme. Pertanto, la Mindfulness Disposizionale si collega alla comprensione della semantica e al controllo delle risposte emotive.

Tuttavia, queste due misurazioni della DM differiscono in termini di tre strutture (ippocampo bilaterale per MAAS e amigdala bilaterale e insula posteriore destra per FFMQ) e, dunque, non sembrano avere in comune un concetto unificato di capacità di mindfulness. Il fatto che il questionario MAAS si basi sull’ippocampo potrebbe indicare che dipenda in misura maggiore dal sistema della memoria, mentre l’FFMQ potrebbe, potenzialmente, basarsi di più sul sistema di elaborazione emotiva (amigdala e insula destra).

 

Fonte: S. Baltruschat, A. Cándido, A. Maldonado, C. Verdejo-Lucas, E. Catena-Verdejo, A. Catena. There Is More to Mindfulness Than Emotion Regulation: A Study on Brain Structural Networks.Front. Psychol., 01 April 2021 Sec. Psychopathology

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