Maurizio Andolfi, Psichiatra Infantile, già Prof. Ordinario presso la facoltà di Medicina e Psicologia “La Sapienza" Roma e Maestro Terapista Familiare di fama internazionale.
Pioniere negli studi sulla famiglia, Direttore dell’Accademia di psicoterapia della famiglia e della Rivista Terapia Familiare Direttore dell'Accademia di Psicoterapia della Famiglia di Roma e della rivista "Terapia Familiare". Nel 1999 è stato premiato dall'AAMFT per il suo speciale contributo alla terapia familiare e nel 2016 ha ricevuto il premio alla carriera dall'AFTA. Vive in Australia dove ha ottenuto il titolo di Distinguish Talent dal Governo Australiano e continua ad insegnare in tutto il mondo. Ha pubblicato molto sul tema della terapia di coppia e della famiglia. Tra i suoi libri, "Multigenerational family therapy" (2015) e "Intimità di coppia e trame familiari", co-autore insieme ad Anna Mascellani (2019).
Ad Aprile 2021 è uscito il libro: "Il dono della verità. Il percorso interiore del terapeuta" edito da Raffaello Cortina Editore. Il volume illustra il valore di cura dell’esperienza umana della terapia, in cui il terapeuta si libera della sua uniforme professionale, per sintonizzarsi con aree di sofferenza profonda portate in terapia da persone e famiglie in difficoltà.
[…] ho voluto descrivere in questo volume anche i risultati, talvolta sorprendenti, delle mie esperienze cliniche e formative così da offrire un piccolo contributo alla ricerca della nostra umanità, valore essenziale nel breve percorso della vita.
Maurizio Andolfi
Gli strumenti del terapeuta sono le parole, quanto l’ascolto e il linguaggio del corpo e del movimento, che diventano veicoli di trasformazione quando il suo mondo interiore si incontra con chi lo ha scelto come fonte di aiuto.
La ricerca di autenticità si concretizza in un dono reciproco di verità, in cui l’essenza di ciascuno si incontra con quella degli altri, rompendo le barriere delle convenzioni sociali e dei ruoli.
Maurizio Andolfi inizia ad operare con il primo gruppo romano, diretto da Luigi Cancrini, nel 1969, ma se ne distacca nel 1972, quando lascia l’Italia per recarsi ad approfondire gli studi sulla famiglia negli Stati Uniti.
A New York conduce ricerche sul campo presso l’Albert Einstein College di Medicina, è proprio in questi anni che inizia lo studio nel South Bronx con ragazzi neri e portoricani, su come intervenire su comportamenti pre-delinquenziali in adolescenza (Andolfi, Stein e Skinner, 1976).
Dopo due anni di lavoro nella scuola osservammo con i nostri occhi che se si riesce a dare spazio a questa ricerca d significato e di senso nell’esistere, coinvolgendo le realtà familiari e sociali che intersecano la vita di questi adolescenti, si ottengono cambiamenti radicali, spesso inimmaginabili, nella struttura di personalità e nelle modalità di relazionali degli adolescenti…
Semmai il vero problema non è tanto riabilitare un gruppo di adolescenti a rischio, quanto piuttosto modificare alla base quelle realtà sociali e politiche che costruiscono vere e proprio carriere delinquenziali per intere società di adolescenti.
Maurizio Andolfi
In questi anni Andolfi lavora, approfondendo lo studio e la pratica della terapia familiare, presso l’Ackerman Family Therapy Institute di New York e presso la Child Guidance Clinic di Filadelfia, con la supervisione di Salvador Minuchin e Jay Haley, approfondendo lo studio e la pratica della terapia familiare, in seguito porterà quanto appreso in Italia.
Nel 1975, Maurizio Andolfi fonda e dirige l’Istituto di Terapia Familiare, insegna la terapia.
Numerosi sono i convegni internazionali organizzati dall’Accademia ai quali partecipano anche illustri internazionali come come Salvador Minuchin, Francois Roustang, Eia Asen, Froma Walsh, Elisabeth Fivaz. Eliana Gil, Giovanni Bollea, Mara Selvini Palazzoli, Michele Zappella, Simona Argentieri, Gianni Liotti.
Il modello relazione
Per Andolfi la famiglia è un sistema relazionale in costante trasformazione, governato da regole che si sviluppano nel tempo e in interazione con l’esterno, per questo motivo l’osservazione del singolo diviene prima in relazione con i membri della famiglia e poi con i sistemi sociali con cui interagisce.
La cura coinvolgerà dunque l’intera famiglia in un processo trasformativo.
Il terapeuta, dunque prende in carico tutto il sistema familiare, nel setting terapeutico di Andolfi tutti i membri della famiglia partecipano alla terapia.
Invece di isolare il cosiddetto “paziente designato”, l’osservazione e l’intervento è nel contesto sociale, ricercando risorse familiari e sociali in grado di offrire soluzioni al problema in chiave evolutiva e fuori da una logica “riparativa” del disagio psicologico e mentale.
Si deve a Maurizio Andolfi l’aggiunta di un’altra dimensione intergenerazionale, ossia l’osservazione delle relazioni triangolari su un piano trigenerazionale. I comportamenti delle persone rappresentano bisogni ed emozione del passato che si manifestano nelle relazioni attuali, diventa quindi necessario conoscere le “coordinate familiari”
“La comprensione dell’individuo e dei suoi processi di sviluppo sembra quindi favorita dalla costruzione di uno schema di osservazione che permette di vedere i comportamenti attuali di una persona come metafore relazionali”.
Maurizio Andolfi
Risulta fondamentale per uno psicoterapeuta delimitare i vari triangoli familiari, inserirsi in essi come terzo elemento attivando il ruolo di osservatore in uno o nell’altro dei componenti del triangolo, per ricercare elementi di mediazione e di una trama alternativa.
Nel modello psicoterapeutico di Maurizio Andolfi un altro aspetto molto importante è la costruzione del “mito familiare”. Un mito familiare si trova a metà fra elementi reali ed elementi di fantasia, al posto della mancanza viene costruito dalla famiglia un mito, cioè una serie di credenze integrate e condivise dai membri della famiglia che aiuta a creare una realtà utile ai bisogni emotivi della famiglia e crea un senso intorno a fatti ambigui che creano disagi.
Ovviamente il mito condizionerà la realtà, diventando un codice di lettura di questa.
Strettamente legato al mito familiare, troviamo i “riti familiari”, cioè azioni e comportamenti codificati e ripetuti nel tempo all’interno di una famiglia, a cui tutti o alcuni membri partecipano.
Il rito familiare ha la duplice funzione di trasmissione e di perpetuazione del mito familiare, solo che a volte questa ripetizione ossessiva diventa meno credibile, permettendo il cambiamento.
Si può suddividere l’intero processo psicoterapeutico in tre fasi:
- una prima fase in cui il paziente designato è presente in ogni triangolo relazionale,
- una seconda fase in cui lo psicoterapeuta si sostituisce al paziente designato nei vari triangoli ed infine
- una terza fase in cui lo psicoterapeuta si separa dal gruppo familiare ed i vari triangoli relazionali si formano più liberamente senza che ci sia la presenza del paziente designato
considera riuscita una terapia quando: a) il comportamento del paziente designato appare profondamente modificato e b) la famiglia si è riappropriata del proprio tempo evolutivo e il paziente designato non ha più la funzione di bloccarlo, ponendosi al centro dell’esistenza stessa del gruppo”.
Maurizio Andolfi