Cosa si intende per Dissociazione traumatica?
La dissociazione può essere una delle caratteristiche più difficili e complesse nel trattamento del trauma che i professionisti devono affrontare. E’ dunque molto utile avere strumenti e conoscenze per identificare e trattare in modo efficace la più difficile delle risposte al trauma.
La ricerca scientifica ha identificato diversi tipi di dissociazione che i clienti possono sperimentare. Sono cinque i modi principali, attraverso i quali la mente può dissociarsi.
- Depersonalizzazione: essa rappresenta una disconnessione dal corpo e dalle emozioni, a volte descritta dai pazienti come esperienza “fuori dal proprio corpo”. Il sintomo più comune si verifica quando un paziente si guarda allo specchio e scopre che il proprio viso non gli è più familiare. In questo caso si parla di depersonalizzazione.
- Derealizzazione: è la sensazione che il mondo attorno a sé non sia reale, come se tutto fosse filtrato attraverso una nebulosa. Un sintomo comune si verifica quando un paziente ci riferisce che i colori gli appaiono troppo luminosi. In questo caso potrebbe star sperimentando uno stato di derealizzazione.
- Disturbo dell’identità: tale condizione si esprime con un senso di confusione del sé, che porta il soggetto a percepirsi come una persona diversa dal solito. Il paziente potrebbe ad esempio cominciare ad adottare comportamenti che sono completamente diversi da quelli adottati nel corso della sua vita, fino ad incidere sulle sue credenze morali più radicate (ad esempio, una persona completamente contraria al consumo di alcolici, comincia a seguito di un’esperienza traumatica a farne uso in modo ricreativo, celando un potenziale cambiamento della propria identità).
- Alterazione dell’identità: essa rappresenta una versione più estrema del disturbo dell’identità, nella quale l’individuo non è più in grado di controllare le variazioni della propria personalità o delle proprie azioni. In casi estremi, il paziente può regredire a stati infantili, perdendo la consapevolezza del proprio sé adulto. In tale situazione, è probabile che stia vivendo una alterazione dell’identità.
- Amnesia dissociativa: essa si configura come un’ampia incapacità di ricordare importanti informazioni personali o ricordi, nella quale il tempo vissuto diventa un vuoto senza immagini associative. Questa condizione è tipica di pazienti coinvolti in un incidente d’auto, che non riescono a ricordare il motivo per cui stavano guidando, né come si è svolta la dinamica dell’incidente. In tal caso, potrebbero soffrire di un’amnesia dissociativa.
I clienti possono sperimentare solo una di queste forme di dissociazione, o una combinazione di esse in vari momenti della propria esperienza. L’aspetto più rilevante è che alcune parti dissociate possono svolgere una funzione adattiva a seguito di un evento traumatico.
Quando si lavora con la dissociazione di un cliente, è importante trovare strategie che permettano di affrontare specificamente le parti che il cliente stesso vive come problematiche e che sono particolarmente invalidanti.
Nel campo della psicotraumatologia, il concetto di dissociazione correlata al trauma è sempre più utilizzato. Gli stati dissociativi non solo possono riferirsi a fenomeni diversi, ma possono anche essere formulati in ambito terapeutico in modo diverso. Esiste, tuttavia, una comprensione del concetto (e dei relativi termini) ristretta, intesa come divisione/moltiplicazione della personalità. Negli ultimi anni, però, si stanno sviluppando nuovi modelli in grado di allargare tale comprensione dei fenomeni dissociativi.
Qualunque sia il proprio modello di partenza, comprendere la dissociazione generata dal trauma come divisione della personalità è essenziale per comprendere e trattare i sopravvissuti al trauma che hanno una storia di traumatizzazione complessa.
I disturbi dissociativi complessi posso esprimersi in diverse forme patologiche, come il disturbo dissociativo dell’identità (DID), il disturbo post-traumatico da stress complesso (cPTSD) e il disturbo borderline di personalità (BPD). Alcuni sopravvissuti al trauma, tuttavia, possono soddisfare i criteri di disturbi diversi contemporaneamente, come ad esempio DID e BPD.
Efficacia delle terapie rivolte alla dissociazione traumatica
Come abbiamo visto, la dissociazione traumatica, oltre ad essere determinata da esperienze differenti e a presentare sintomi diversi, può essere trattata attraverso modelli terapeutici molteplici. Molto spesso, l’adozione di approcci integrativi si rivela particolarmente efficace, in particolare quelli che uniscono alle terapie verbali, approcci psico-corporei, come l’EMDR, la terapia sensomotoria, la psicoterapia relazionale e tutti quei modelli che si concentrano sul lavoro sulle parti.
Le dinamiche dissociative costituiscono una componente fondamentale nella reazione a eventi traumatizzanti e nella strutturazione ed espressione dei conseguenti disturbi post-traumatici. Uno dei concetti fondamentali è quello dell’alienazione dal Sé, inteso come strategia di sopravvivenza spesso necessaria ai bambini che vivono ambienti negligenti e violenti.
Il rifiuto di Sé permette di mantenere l’attaccamento dei bambini ai loro caregiver, rinnegando tuttavia se stessi come “cattivi” o “non amabili”. Questo fallimento profondamente doloroso dell’accettazione di sé si traduce in vergogna, disprezzo di sé, difficoltà a calmarsi e complicazioni nei rapporti con gli altri. Per superare l’alienazione dal sé, la terapia deve concentrarsi sul coltivare la capacità dei clienti di osservare le emozioni dolorose come segni del loro sé rinnegato e dell’esperienza rinnegata.
La dissociazione, oltre a portare condizioni di sofferenza generalizzate, può condurre il paziente a sviluppare altri tipi di disturbi. Il lavoro con le parti dissociate si rivela, dunque, particolarmente utile in alcune condizioni psicopatologiche.
Uno degli ambiti più importanti riguarda il trattamento e la prevenzione del trauma e dei Disturbi Dissociativi nei bambini e negli adolescenti. ll trattamento del trauma dello sviluppo e della dissociazione in età evolutiva comporta, tuttavia, diverse sfide, non ultima il coinvolgimento della famiglia nella terapia rivolta ai più giovani.
I bambini e gli adolescenti che vivono esperienze traumatiche, infatti, sono spesso esposti a un alto rischio di essere soggetti ad un’educazione speciale e ad altri servizi di supporto. Spesso lottano con il linguaggio, l’attenzione, l’elaborazione, la regolazione e il funzionamento esecutivo. Altri disturbi riguardano la perdita della capacità di memoria di fronte a ricordi non elaborati o una mancata regolazione affettiva che può portare a disturbi dell’umore e relazionali severi.
La letteratura riporta come molte persone con diagnosi diverse, compresi i disturbi alimentari, hanno subito esperienze traumatiche durante l’infanzia. È stato eseguito uno studio caso-controllo. I ricordi di eventi traumatici, che sono spesso legati al corpo, possono portare al rifiuto e alla perdita di contatto con il corpo.
Molti studi suggeriscono un legame tra disturbi alimentari ed eventi traumatici durante l’infanzia, in particolare obesità, disturbo da alimentazione incontrollata e dissociazione somatoforme. Alcune ricerche evidenziano che il trauma è un fattore di rischio per il disturbo da alimentazione incontrollata (BED), mentre l’abuso sessuale è talvolta collegato allo sviluppo di bulimia nervosa (BN) e anoressia nervosa (AN).
Il Disturbo Borderline (DBP) è un disturbo di personalità contraddistinto da cambiamenti d’umore piuttosto rapidi, comportamenti e relazioni interpersonali instabili, impulsività e difficoltà nell’organizzazione coerente del pensiero. Questi sintomi si influenzano l’un l’altro, generando circoli viziosi in cui comportamenti disfunzionali ed emozioni intense e mal regolate provocano grande sofferenza.
Molte ricerche osservano una sovrapposizione fra i sintomi del Disturbo da Stress Post-Traumatico Complesso o del Disturbo Dissociativo dell’Identità e i sintomi del Disturbo Borderline: ideazione suicidaria, autolesionismo, depersonalizzazione, amnesia, allucinazioni uditive, evitamento dell’esperienza traumatica, percezioni e stati di coscienza alterati, disregolazione e instabilità relazionale sono sintomi comuni a tutte e tre le condizioni sopra menzionate.
Appare dunque chiara la stretta relazione fra Trauma, Dissociazione e Disturbo Borderline: un trauma può provocare sintomi dissociativi così come, specie se avvenuto nell’infanzia, gettare le basi per lo strutturarsi di una personalità borderline.
Psicosi
Il disturbo dissociativo di identità (DDI) riflette un’alterazione dell’identità caratterizzata da due o più stati di personalità distinti che comportano una marcata discontinuità nel senso di sé. I pazienti con tale disturbo molto spesso non sperimentano un senso di continuità del sé nel tempo. Questa condizione è spesso associata ad disturbo psicotico, proprio perché i pazienti con disturbi dissociativi riportano profonde interruzioni nel loro senso di sé che esita nell’esperienza psicotica.
Hikikomori
Negli ultimi anni, il rapporto fra il fenomeno degli hikikomori e disturbi gravi è sempre più indagato. Una delle associazioni a cui si sta dando più rilievo è quella con il disturbo schizofrenico. A causa della sua caratteristica destrutturante della personalità, tale disturbo compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto, sconvolgendo la sua rete relazionale e il suo nucleo familiare.
I sintomi principale comprendono i deliri, intesi come convinzioni contrarie alla realtà, le allucinazioni cioè alterazioni della percezione per cui la persona crede di percepire cose che in realtà non ci sono, la disorganizzazione e frammentazione del pensiero e infine il comportamento bizzarro.
Assieme a tali sintomi è alto il rischio di sviluppare sintomi di dissociazione ed indagare l’esperienza traumatica del soggetto sin dall’infanzia potrebbe essere fondamentale per il trattamento di una condizione estremamente difficile.
Trauma da Covid-19
Un altro ambito di studio riguarda che l’impatto che il Covid-19 ha avuto su soggetti già traumatizzati, che sperimentano alienazione del sé, frammentazione e disturbi dissociativi. Il Covid, in quanto esperienza traumatica in sé, ha ulteriormente aggravato la condizione dei pazienti più fragili, ampliando gli effetti di disturbi dissociativi pregressi o latenti.
Come funzionano gli approcci che lavorano sulla dissociazione traumatica
Per comprendere come lavorare sulla dissociazione traumatica, è essenziale essere consapevoli che la dissociazione è una delle tante risposte autonome del sistema nervoso a situazioni di minaccia. Le terapie trauma-informed spesso richiedono di lavorare con le parti dei clienti che si sentono più vulnerabili e ferite, l’accesso al quale, tuttavia, può spaventare il cliente che si sente minacciato.
Più la dissociazione ha rivelato una funzione adattativa per i clienti in passato, più bassa diventa la loro soglia di recrudescenza dei sintomi dissociativi, il che significa che il paziente è probabile che inizi a dissociarsi anche di fronte a minacce minori.
Alcune parti dissociative solitamente agiscono come protettori di altre parti del sé. Quando una parte ferita o rinnegata viene attivata o inizia a emergere, le parti protettive possono reagire per impedirne l’accesso, attraverso ad esempio risposte di freezing o di vergogna.
Ma quali sono le tecniche più utilizzate per trattare la dissociazione?
- Grounding. L’attivazione di uno stato reattivo alla percezione di minaccia rende quasi impossibile il lavoro terapeutico, dal momento che il cliente si pone in uno stato difensivo costante. L’uso di strategie di grounding permette di aiutare i clienti a tornare ad uno stato di tolleranza degli stimoli che permette di iniziare il lavoro terapeutico vero e proprio.
- Backtracking – Tale tecnica permette di risalire alle origini della risposta di freezing, sia per evitare di attivarla di nuovo, sia per iniziare a trattare le parti ferite dei pazienti. La tecnica aiuta a comprendere quali domande o stimoli generano la risposta difensiva, permettendo al paziente di capire da cosa nascano la vergogna o il senso di colpa associati al trauma.
- Lavoro con le parti – E’ la tecnica più utilizzata. Si concentra sul dare spazio alle parti dissociate del sé, cercando di comprenderne la funzione che hanno avuto nella storia del paziente, diversificando le parti ferite da quelle protettive.
- Psicoeducazione: una volta identificate le parti da cui ha avuto origine la risposta disadattiva nel presente, è possibile usare la psicoeducazione per spiegare come si sono originate tali parti e perché un tempo avevano una funzione adattiva, permettendo di ridurre la vergogna e di avviare un lavoro integrativo sulle parti.
In linea generale, si distinguono due prototipi dissociativi:
- una Parte apparentemente normale (ANP, Apparently Normal Part) che si occupa del funzionamento nella vita quotidiana;
- una Parte emotiva (EP, Emotional Part), bloccata nel periodo cui risale l’evento traumatico e che è primariamente focalizzata su eventuali pericoli associati al trauma.
Idealmente, la terapia si compone di una serie di fasi volte alla piena/completa integrazione della personalità.
Alcuni approcci, infatti, parlano proprio di terapia orientata per fasi:
-
- stabilizzazione e riduzione dei sintomi;
- elaborazione delle memorie traumatiche;
- integrazione della personalità.
Proprio in merito alla prima fase, quella della stabilizzazione, si stanno affermando alcuni modelli improntati alle tecniche di grounding. In particolare, il Finding Solid Ground Program è un approccio pratico, step-by-step che mira alla stabilizzazione, concettualizzando i comportamenti a rischio e sviluppando interventi pratici che sono utili per la fase di stabilizzazione dei pazienti con dissociazione.
La Terapia Sensomotoria, invece, si è mostrata particolarmente utile nel lavoro con le parti, prestando particolare attenzione a come esse si manifestino a livello sensoriale e corporeo. Le competenze sensorimotor permettono di studiare l’organizzazione dell’esperienza delle parti, promuovere la collaborazione fra le parti protettive che potrebbero ostacolare il processo terapeutico, identificare i conflitti interni fra le parti e facilitare l’interruzione delle risposte difensive delle parti congelate o sottomesse.
Un altro approccio particolarmente efficace per trattare il rapporto fra trauma e dissociazione è la Teoria Polivagale.
Diventare un terapeuta che tratta la dissociazione traumatica
Non esiste naturalmente un’unica formazione per il trattamento del disturbo dissociativo, ma si prediligono interventi che coniughino differenti prospettive e tecniche.
E’ indispensabile in questi casi adottare protocolli e strumenti per raccogliere informazioni relative al trauma, per comprendere e pianificare il lavoro terapeutico.
Alcuni sintomi dissociativi più evidenti (amnesia, non riconoscere il terapeuta, rivivere un evento traumatico passato come se stesse accadendo nel qui e ora) possono risultare disorientanti o addirittura sorprendenti per il terapeuta. Per questo diventa indispensabile dotarsi di strumenti che permettano di lavorare con i processi dissociativi, sia palesi che occulti, e di identificare il linguaggio dissociativo, che spesso richiede un lavoro di decifrazione dei messaggi sottostanti portati dal paziente.
Alcuni comportamenti adottati dai pazienti, inoltre, confrontano il terapeuta con alcuni dilemmi etici fondamentali: come comportarsi di fronte a pazienti dissociati che compiono atti di autolesionismo o tentativi di suicidio? Come trattare le dinamiche di controtransfert evocate nel rapporto con un paziente traumatizzato?
In questa sede ti proponiamo un nuovo modello innovativo per il trattamento della dissociazione da trauma, il TIST (Trauma-Informed Stabilization Treatment), fondato da Janina Fisher su principi teorici tratti dalla ricerca neuroscientifica sul trauma.
Tale approccio combina interventi basati sulla Mindfulness con tecniche estrapolate dalla Psicoterapia Sensomotoria, dalla Terapia degli Stati dell’Io e dalla IFS (Internal Family Systems) in modo da poter affrontare le difficoltà cliniche presenti nella cura di pazienti con un ampio spettro di diagnosi: PTSD Complesso, disturbo borderline di personalità, disturbo bipolare, disturbi dissociativi, alimentari e dipendenze.