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Arteterapia e Cervello

Cathy A. Malchiodi, PhD, ATR-BC, LPCC, LPAT, REAT, è un'arteterapeuta espressiva e arteterapeuta che ha trascorso oltre 30 anni lavorando con persone con stress traumatico e studiando come le arti su...
arteterapia

L‘arteterapia ha storicamente resistito alle prove scientifiche circa la sua efficacia.

Le recenti scoperte scientifiche sul modo in cui le immagini influenzano le emozioni, i pensieri e il benessere e in cui il cervello e il corpo reagiscono all’esperienza del disegno, della pittura o di altre attività artistiche hanno dimostrato che l’arteterapia può essere efficace su una varietà di popolazioni.

 

Man mano che la scienza impara a conoscere meglio la connessione tra emozioni e salute, stress e malattia, cervello e sistema immunitario, l’arteterapia sta scoprendo nuove frontiere per l’uso dell’immaginazione e dell’espressione artistica in fase di trattamento. Negli ultimi decenni, varie nozioni provenienti dalla scienza e dalla medicina hanno ridefinito gli interventi per la salute mentale.

Nel 1993, Bill Moyers ha portato alla conoscenza del pubblico la “medicina mente-corpo” in una serie televisiva destinata al grande pubblico, Healing and the Mind. “Medicina mente-corpo” è un termine ormai di uso comune usato per descrivere un approccio che considera la mente come un elemento centrale della salute del corpo. Sebbene sia diventata oggetto di attenzione negli ultimi decenni, non è un’idea nuova perché molte tecniche mente-corpo, come la meditazione e lo yoga, esistono da migliaia di anni.

Ricercatori come Benson (1975, 1996), che ha studiato la “risposta al rilassamento“, Ader (2001), leader nel campo della psiconeuroimmunologia (lo studio integrato della mente, del sistema neuroendocrino e del sistema immunitario), e altri hanno consolidato l’integrazione dei metodi mente-corpo nella medicina tradizionale.

Le neuroscienze, intese come studio del cervello e delle sue funzioni, stanno rapidamente influenzando sia l’ambito che la pratica della psicoterapia e degli approcci mente-corpo.

 

Grazie alle nuove tecnologie, che consentono ai ricercatori di ottenere immagini del cervello e di altre attività neurologiche e fisiologiche del corpo, stiamo imparando di più sulla relazione tra mente e corpo.

Damasio (1994), Sapolsky (1998) e Ramachandran (1999), tra gli altri, hanno descritto i fenomeni neurologici e fisiologici legati alla memoria e al modo in cui le immagini vengono concettualizzate e influenzano il cervello e il corpo.

Daniel Siegel (1999), Bessel van der Kolk, McFarlane & Weisaeth (1996) e Allan Schore (1994) hanno approfondito la comprensione della complessa e intricata interazione tra cervello, fisiologia umana ed emozioni, dell’importanza dell’attaccamento precoce sulle funzioni neurologiche nel corso della vita e dell’impatto del trauma sulla memoria.

Queste scoperte sono di vasta portata e influenzano il modo in cui gli interventi psicoterapici sono pianificati ed erogati.

La relazione tra le neuroscienze e l’arteterapia è importante e influenza ogni area della pratica (Cathy Malchiodi, Riley, & Hass-Cohen, 2001).

Kaplan (2000) sottolinea l’importanza generale della base scientifica nella pratica dell’arteterapia, il significato delle neuroscienze per tale ambito e la rilevanza dell’unità mente-corpo per l’immaginazione mentale e l’attività artistica. In definitiva, la scienza sarà fondamentale per capire e definire come funziona effettivamente l’arteterapia e come riesca a essere una modalità terapeutica efficace.

 

Dialoghi sulla Relazione Terapeutica 2023, con Cathy Malchiodi e altri

L’arteterapia come intervento mente-corpo

Il National Center for Complementary and Alternative Medicine (NCCAM, 2002), che opera sotto l’egida del National Institutes of Health (NIH), ha definito gli interventi mente-corpo come interventi pensati per facilitare la capacità della mente di influenzare la funzione corporea e i sintomi. Molti approcci che hanno una base teorica ben documentata, come l’educazione del paziente e gli approcci cognitivo-comportamentali, sono ora caratterizzati come “mainstream” dal NCCAM.

L’arteterapia è considerata un intervento mente-corpo, anche se è stata utilizzata soprattutto come forma di psicoterapia piuttosto che come intervento che modifica la fisiologia, i sintomi e altri aspetti della salute (National Institutes of Health, 1994). Solo recentemente la ricerca sull’arteterapia sta iniziando a indicare perché può essere utilizzata come metodo mente-corpo (Malchiodi, 1993, 1999).

Per esempio, DeLue (1999) ha dimostrato gli effetti fisiologici del disegno dei mandala con un gruppo di bambini in età scolare, utilizzando il biofeedback per misurare la temperatura della pelle insieme a monitor per la pressione sanguigna e le pulsazioni. Camic (1999) ha condotto uno studio utilizzando l’arte visiva e altre forme d’arte insieme a tecniche cognitivo-comportamentali, meditazione e imagery mentale per ridurre il dolore cronico negli adulti.

Altri studiosi hanno esaminato come la creazione di opere d’arte vada a integrare il trattamento medico e sostenga le capacità dei pazienti di affrontare i sintomi e lo stress (Anand & Anand, 1999; Gabriels, 1999; Hiltebrand, 1999; Lusebrink, 1990). In generale, gli studi sugli interventi mente-corpo (compresa l’arteterapia), pur essendo promettenti, hanno presentato alcune lacune non trascurabili.

Ad esempio, gran parte delle ricerche in quest’area non sono ancora state replicate da ricercatori indipendenti. Inoltre, non sono state spiegate chiaramente le ragioni per cui alcuni interventi che inizialmente sembravano promettenti abbiano dato risultati contrastanti in studi successivi. Fortunatamente, grazie a tecnologie sempre più avanzate che permettono di indagare più a fondo sul cervello e sulla sua relazione con il corpo, sono sempre di più le prove scientifiche a sostegno dell’efficacia degli interventi mente-corpo.

Neuroscienze e arteterapia

Sapere come funziona il cervello e come influenza emozioni, cognizione e comportamenti è essenziale nel trattamento di gran parte delle problematiche che le persone portano in terapia, compresi i disturbi dell’umore, lo stress post-traumatico, le dipendenze e le patologie fisiche. Per quanto molte aree di ricerca siano interessanti per la pratica psicoterapica, molte di esse risultano altrettanto interessanti per l’arteterapia, come:

  • immagini e formazione delle immagini
  • fisiologia dell’emozione
  • teoria dell’attaccamento
  • effetto placebo.

Immagini e formazione delle immagini

Il buon senso ci dice che le immagini hanno un impatto su come ci sentiamo e reagiamo. Ad esempio, il solo immaginare di mordere un limone può farci arricciare le labbra e vedere un cibo che piace molto può far aumentare la salivazione. Le immagini possono creare sensazioni di piacere, paura, ansia o calma ed è dimostrato che possono alterare l’umore e persino indurre un senso di benessere (Benson, 1975).

Esistono prove concrete relative al fatto che le immagini hanno un impatto significativo sul nostro corpo. Esperimenti anche semplici hanno dimostrato che l’esposizione alle immagini della natura dalla finestra di una stanza d’ospedale può diminuire la durata della degenza e aumentare la sensazione di benessere nei pazienti (Ulrich, 1984).

L’arteterapeuta Vija Lusebrink (1990) osserva che le immagini sono “un ponte tra il corpo e la mente, o tra i livelli coscienti di elaborazione delle informazioni e i cambiamenti fisiologici del corpo” (p. 218).

L’imagery guidato, un processo esperienziale in cui un individuo viene guidato nel rilassamento e riceve in seguito suggerimenti per immaginare immagini specifiche, è stato utilizzato per ridurre i sintomi, cambiare l’umore e sfruttare le capacità di guarigione del corpo.

Arteterapeuti e altri hanno applicato i principi dell’imagery mentale e guidato per lavorare in diversi contesti. Per esempio, Baron (1989) ha usato l’imagery guidato come parte dell’arteterapia nel trattamento di pazienti oncologici. Fino a tempi relativamente recenti, i ricercatori sono stati in grado solo di fare ipotesi sul funzionamento dell’imagery guidato.

Le neuroscienze stanno portando, rapidamente, a una migliore comprensione dell’immaginazione mentale, della formazione delle immagini e delle regioni del cervello coinvolte nella creazione di queste ultime. Per esempio, la ricerca mostra che le immagini che vediamo o che immaginiamo attivano la corteccia visiva del cervello in modo simile.

In altre parole, secondo Damasio (1994), il nostro corpo risponde alle immagini mentali come se fossero la realtà. Egli osserva inoltre che le immagini non sono solo visive e comprendono tutte le modalità sensoriali:

  • uditiva
  • olfattiva
  • gustativa
  • somatosensoriale (tatto, senso muscolare, temperatura, dolore, senso viscerale e vestibolare).

Le immagini non sono memorizzate in una sola parte del cervello. Infatti, sono molte le regioni del cervello che partecipano alla formazione, alla memorizzazione e al recupero delle immagini.

La comprensione sempre migliore degli emisferi cerebrali e delle loro interazioni ha contribuito anche alla comprensione delle immagini mentali e della creazione artistica.

In passato si riteneva che l’emisfero destro e quello sinistro avessero in genere due funzioni diverse. Il destro era il centro dell’intuizione e della creatività, mentre si pensava che il sinistro fosse coinvolto nel pensiero logico e nel linguaggio. Alcuni sostenevano che l’arteterapia fosse efficace grazie alla sua capacità di sfruttare le funzioni del cervello destro. Quindi, asserendo che la creazione artistica fosse un’attività “da cervello destro” (Virshup, 1978). In realtà, anche l’emisfero sinistro del cervello (dove si trova il linguaggio) è coinvolto in questo processo.

Gardner (1984), Ramachandran (1999) e altri hanno dimostrato che entrambi gli emisferi del cervello sono necessari per l’espressione artistica. Troviamo prove a sostegno di questa affermazione osservando i disegni di persone con danni a specifiche aree del cervello. I ricercatori hanno anche scoperto connessioni tra il linguaggio e alcuni movimenti nel disegno. Per esempio, in uno studio che ha utilizzato la tomografia a emissione di positroni (PET), è stata registrata l’attività cerebrale di individui che disegnavano forme nello spazio. I risultati indicano che anche il semplice disegno comporta interazioni complesse tra molte parti del cervello (Frith & Law, 1995).

 

Psicoterapia con l’emisfero destro, di Allan Schore

 

Le immagini e la formazione di immagini, siano esse mentali o disegnate su un foglio, sono importanti in tutta la pratica dell’arteterapia. Questo perché creando arte i clienti sono invitati a riformulare il modo in cui si sentono, a rispondere a un evento o a un’esperienza e a lavorare sul cambiamento emotivo e comportamentale. A differenza delle immagini mentali, tuttavia, la creazione artistica permette all’individuo di provare, sperimentare o mettere figurativamente in atto un cambiamento desiderato attraverso un disegno, un dipinto o un collage. Ossia con un oggetto tangibile che può essere fisicamente modificato.

 

Teoria dell’Attaccamento

La teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969) è stata utilizzata come base teorica per la psicoterapia per molti anni. Più recentemente è diventata un focus importante delle neuroscienze e si è, pertanto, rinnovato l’interesse dei terapeuti.

Daniel Siegel (1999) spiega l’attaccamento come segue: “L’attaccamento è un sistema innato nel cervello che si evolve in modi che influenzano e organizzano i processi motivazionali, emotivi e mnemonici rispetto alle figure di accudimento significative

Schore (1994) offre un modello neurologico che spiega l’importanza dell’attaccamento precoce nel corso dell’intera vita. Egli osserva che poco dopo la nascita il caregiver e il bambino sviluppano interazioni importanti per il processo di regolazione emotiva. Il contatto faccia a faccia e il tocco calmante sono esempi di come il bambino impara a rispondere agli stimoli provenienti dalle persone e dalle esperienze.

Perry, Pollard, Blakley, Baker e Vigilante (1995) propongono che l’attaccamento sano sia fondamentale per lo sviluppo ottimale di parti specifiche del cervello. Ritengono che un attaccamento sano tra il neonato e il caretaker crei le premesse affinché l’individuo sviluppi la capacità di “autoregolare” le esperienze stimolanti.

Il legame della prima infanzia viene impresso nel cervello, gettando le basi per i pattern relazionali che si svilupperanno in seguito nella vita. In presenza di un trauma, l’imprinting cerebrale viene modificato, ma può essere corretto con un intervento appropriato.

La ricerca nel campo delle neuroscienze sta dimostrando che la prima infanzia non è l’unica possibilità che una persona ha di avere un attaccamento sano. Sembra che ci siano modi per rimodellare e riparare alcune esperienze precoci. L’arteterapia è uno dei modi oggetto di esplorazione per ristabilire legami di attaccamenti sani, sia tra terapeuta e cliente, sia incoraggiando interazioni sane tra genitori e figli.

Riley (2001) sottolinea il modo in cui le attività artistiche vengono utilizzate nei programmi di attaccamento per la prima infanzia e in cui semplici esercizi di disegno possono essere utilizzati per risolvere i problemi relazionali e rafforzare i legami tra genitori e figli. L’autrice spiega che le dimensioni non verbali delle attività artistiche toccano gli stati relazionali precoci prima che le parole siano dominanti.

Ciò sembra consentire al cervello di stabilire nuovi pattern più produttivi. Siegel (1999) e Schore (1994) ritengono che le interazioni tra neonato e caretaker siano mediate dal cervello destro perché in questa fase della vita la corteccia destra si sviluppa più rapidamente di quella sinistra.

Siegel osserva inoltre che, così come l’emisfero sinistro richiede l’esposizione al linguaggio per crescere, l’emisfero destro necessita di stimoli emotivi per svilupparsi correttamente. Afferma inoltre che l’output del cervello destro si esprime in “modi non basati sulle parole“, come disegnare un’immagine o usare un’immagine per descrivere sentimenti o eventi. Secondo questa idea, l’arteterapia può essere una modalità importante per lavorare con i problemi di attaccamento, oltre che con altri disturbi o esperienze correlati alle emozioni.

La fisiologia dell’emozione

È noto che il corpo è spesso lo specchio delle emozioni di un individuo. Quando siamo ansiosi, ci sudano i palmi delle mani o il volto può diventare cinereo, oppure arrossiamo quando siamo imbarazzati. Le immagini influenzano le nostre emozioni e possono attivarsi diverse parti del cervello quando guardiamo volti tristi o felici o immaginiamo mentalmente un evento o una relazione felice o triste (Sternberg, 2001).

Esistono anche una serie di fluttuazioni ormonali e di effetti cardiovascolari e neurologici. In effetti, la fisiologia delle emozioni è così complessa che il cervello sa più di quanto la mente cosciente possa rivelare (Damasio, 1994). In altre parole, si può manifestare un’emozione senza essere consapevoli di ciò che l’ha indotta.

Il trauma ha ricevuto una crescente attenzione da parte delle neuroscienze perché si ritiene che sia un’esperienza sia psicologica che fisiologica. Vi è consenso generale sul fatto che gli eventi traumatici hanno un impatto sul corpo e sulla mente. Pertanto, il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) viene definito attraverso sintomi sia psicologici che fisiologici. In molti hanno sottolineato che il trauma è principalmente fisiologico (Rothchild, 2000; Levine, 1997). Come nota metaforicamente van der Kolk, “il corpo accusa il colpo” dell’esperienza emotiva.

 

Trauma Recovery 2022: il lavoro Corpo-Mente-Cervello per ristabilire Relazioni Sicure

Trauma Recovery 2022

 

Sebbene molte parti del cervello siano coinvolte nel trauma, il sistema limbico, centro degli istinti di sopravvivenza e dei riflessi, è stato oggetto di notevole attenzione. Esso comprende l’ipotalamo, l’ippocampo e l’amigdala, che è fondamentale anche per capire la memoria traumatica. Anche se la funzione del sistema limbico non sarà trattata in dettaglio in questa sede, scoperte recenti evidenziano un suo ruolo nelle memorie sensoriali di eventi stressanti e traumi.

Queste scoperte spiegano come mai l’espressione artistica sia utile ai fini di terapia, lavoro sul trauma e recupero psicologico. Poiché le esperienze traumatiche hanno ripercussioni principalmente fisiologiche, l’espressione e l’elaborazione delle memorie sensoriali dell’evento traumatico sono essenziali per l’intervento e la risoluzione (Rothchild, 2000; Schore, 1994).

L’arte è una modalità di espressione sensoriale naturale perché coinvolge il tatto, l’olfatto e gli altri sensi nell’esperienza. Il disegno e le altre attività artistiche mobilitano l’espressione delle memorie  sensoriali (Kathy Steele, 1997; Steele & Raider, 2001) in un modo che i colloqui e gli interventi verbali non possono fare. Le esperienze emotive ad alta carica, come il trauma, sono codificate dal sistema limbico come una forma di realtà sensoriale (Malchiodi et al., 2001). Affinché l’esperienza del trauma di una persona possa essere effettivamente migliorata, deve essere elaborata attraverso mezzi sensoriali.

La capacità dell’arte di attingere al materiale sensoriale (cioè alla memoria sensoriale dell’evento nel sistema limbico) la rende uno strumento potente di intervento sul trauma. Compiti specifici di disegno, come “disegna quello che è successo” (Pynoos & Eth, 1985; Malchiodi, 2001; Steele, 1997) e altre indicazioni di questo tipo si stanno dimostrando efficaci nell’attingere ai ricordi sensoriali e nel generare narrazioni che possono essere modificate attraverso tecniche di riformulazione cognitiva (Steele & Raider, 2001) per ridurre le sequele a lungo termine dello stress post-traumatico.

Anche il modo in cui la memoria viene immagazzinata sta facendo luce sul motivo per cui l’arteterapia può essere di aiuto per le persone traumatizzate. Esistono due tipi di memoria:

  • la memoria esplicita è cosciente ed è composta da fatti, concetti e idee
  • la memoria implicita è sensoriale ed emotiva ed è legata ai ricordi del corpo

Andare in bicicletta è un buon esempio di memoria implicita. Raccontare i dettagli cronologici di un evento è un esempio di memoria esplicita. Ad oggi si ipotizza che all’origine del PTSD vi sia, in parte, l’esclusione del trauma dalla memoria esplicita (Rothchild, 2000). I problemi derivano anche dalle memorie traumatiche quando i ricordi impliciti non sono collegati a quelli espliciti. In altre parole, un individuo può non avere accesso al contesto in cui sono nate le emozioni o le sensazioni.

L’espressione artistica può aiutare a collegare i ricordi impliciti ed espliciti di un evento stressante, facilitando la creazione di una narrazione attraverso la quale la persona può esplorare i ricordi e il motivo per cui sono così sconvolgenti. Le attività artistiche, in questo senso, possono aiutare l’individuo traumatizzato a pensare e a sentire contemporaneamente, dando un significato alle esperienze sconvolgenti. Infine, l’arteterapia può essere utilizzata per sfruttare la risposta di rilassamento del corpo.

Si ipotizza, ad esempio, che il disegno faciliti i resoconti verbali dei bambini su eventi emotivamente carichi in diversi modi: riducendo l’ansia, aiutando il bambino a sentirsi a proprio agio con il terapeuta, potenziando la capacità di recupero dei ricordi, organizzando le narrazioni e spingendo il bambino a raccontare più dettagli rispetto a un colloquio esclusivamente verbale (Gross & Haynes, 1998).

Malchiodi (1997, 2001), lavorando con bambini provenienti da famiglie violente, ha osservato che l’attività artistica ha un effetto calmante e ipnotico. Inoltre, ha osservato che i bambini traumatizzati sono naturalmente attratti da questo effetto quando colti dall’ansia o dallo stress post-traumatico. Può darsi che in future, usando scansioni del cervello e altre tecnologie, capiremo meglio come usare l’arteterapia per capitalizzare la risposta di rilassamento in clienti di tutte le età che hanno affrontato esperienze intense di stress.

Effetto Placebo

Il potere della convinzione, spesso definito effetto placebo, è un efficace intervento mente-corpo che può potenziare la guarigione e il benessere (Sternberg, 2001). L’arteterapia, come altre forme di terapia o trattamento, può aumentare l’effetto placebo perché coinvolge la fiducia dell’individuo nel terapeuta e nella terapia, un luogo speciale di guarigione (in questo caso, la stanza dell’arteterapia) e un’attività svolta dalla persona (disegnare, dipingere o fare altre opere d’arte). Si tratta di elementi ben noti che contribuiscono all’effetto placebo sia in psicoterapia che in medicina.

Benson (1996), famoso per il suo lavoro sulla risposta al rilassamento, osserva che è possibile per tutti ricordare la calma e la fiducia associate alla salute e alla felicità. Anche se fisicamente malati, gli individui possono accedere a quello che Benson chiama “benessere ricordato“. Aumentando, così, il senso di benessere nonostante il distress o la malattia. Negli interventi sul trauma, la rievocazione di ricordi di eventi positivi che riformulano e, col tempo, soverchiano quelli negativi è utile per ridurre lo stress post-traumatico, in particolare se si include un’esperienza sensoriale di benessere ricordato.

Semplici attività artistiche, come disegnare un momento piacevole, sembrano essere efficaci grazie alla capacità sensoriale della creazione di immagini di richiamare più profondamente i ricordi reali e i dettagli dei momenti positivi (Malchiodi et al., 2001). Sebbene si ritenga che la fiducia nel trattamento sia una caratteristica centrale dell’effetto placebo, potrebbero essere altri gli aspetti finora non considerati che contribuiscono alla guarigione.

Tinnin (1994) propone che l’arteterapia faciliti la guarigione in modo simile all’effetto placebo perché utilizza la mimica, una funzione istintiva e preverbale del cervello che è fondamentale per l’auto-consolazione. Un esempio di mimica potrebbe essere quello di un bambino che accarezza una coperta in modo da imitare l’azione consolatoria della madre per attivare un processo interno di auto-rilassamento.

La creazione di opere d’arte può stimolare un’esperienza simile rendendo possibili esperienze di auto-rilassamento e di riparazione, come si è detto nella sezione precedente. Secondo Tinnin, questo tipo di esperienza stimola intenzionalmente l’autoguarigione attraverso l’effetto placebo. Aggiunge che “l’arteterapia ha un potenziale unico e specifico in termini di autoguarigione in funzione del modo in cui l’arte influenza il cervello” (p. 77).

Conclusione

Le neuroscienze consentono di capire sempre meglio come cervello e corpo reagiscono a stress, trauma, malattia e altri eventi. Sono inoltre essenziali per comprendere come le immagini influenzino le emozioni, i pensieri e il benessere e come il linguaggio visivo, sensoriale ed espressivo dell’arte possa essere integrato al meglio nel trattamento. Se teniamo le neuroscienze come punto di riferimento otteniamo una spiegazione circa molti degli approcci all’arteterapia discussi in questo articolo.

Ad esempio, l’applicazione della teoria delle relazioni oggettuali è rafforzata dalle conoscenze attuali sugli approcci cognitivo-comportamentali e di attaccamento, che trovano una spiegazione se pensiamo a immagini, formazione delle immagini e fisiologia dell’emozione.

L’impatto delle neuroscienze su tutti gli aspetti della salute potrà, letteralmente, ridipingere il quadro (Kaplan, 2000) dell’uso dell’arteterapia nel trattamento di disturbi emotivi e fisici in futuro. Man mano che aumenteranno le ricerche su neuropsicologia e paradigmi mente-corpo, sapremo sicuramente di più di come l’espressione artistica sia di aiuto per gli individui in distress emotivo o con malattie fisiche e del perché immagini e creazione di immagini siano centrali nel migliorare salute e benessere.

FONTE: Cathy Malchiodi – Handbook of Art Therapy, The Guilford Press, Capitolo 2

 

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